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N.B.: i miei racconti possono contenere parole in dialetto o in forma dialettale barese: NIENTE PAURA... alla pagina 777 ci sono i sottotitoli... (*◕‿◕*)
La storie che leggerete sono liberamente e parzialmente ispirate a fatti realmente accaduti.
I riferimenti a personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono essere frutto della mia fantasia e di esigenze e finalità artistico/narrative.

lunedì 28 novembre 2011

CARICATA AMARCORD


(Un gruppo di ragazzini alle prese con un’esplorazione)

<<Occhio che venerdì sera torno a Bari. Non prendere impegni, FRATELLINO>>

Era lo strano sms che ricevetti qualche giorno fa, mentre mi recavo in auto a Bari, nei pressi di via Brigata Regina…

Era un segno del destino, pensai…
<<Incredibile, proprio mentre in radio ascolto la canzone di Umberto Tozzi>>.

Chi si ricorda il motivetto/tormentone della canzone TU di Umberto Tozzi?
Faceva:<<DAN DABADAN DABADAN…>>.
(Per quei pochi che non la conoscono, c’è sempre Youtube... TU di Umberto Tozzi)

A quel punto, automaticamente, giacché ero da quelle parti, imboccai il cavalcavia che collega viale G. Solarino con viale L. Pasteur… (chi non è di Bari, lo ricercasse su Google Maps): proprio laddove c’era e c’è ancora oggi LA CASETTA, una strana casa abbandonata, che sorge quasi alla fine del ponte, verso viale Pasteur, teatro dell’avventura che vado a raccontare…

Un pomeriggio di piena estate, il mio caro amico Umberto venne a citofonarmi per l’ennesima e interminabile partita di calcio con gli amici, all’angolo della strada di casa mia…

<<VITOOOO NON SUDAREEEE…>> era lo scontato richiamo di mia madre, perennemente ignorato… aspettavo con impazienza che il mio Fratellino UMBERTO venisse a chiamarmi…

Perché Fratellino? Perché Umberto è nato il mio stesso giorno, mese e anno e quindi da sempre continuiamo a chiamarci così, nonostante adesso lui viva da diversi anni a Pesaro e torni raramente da queste parti…

Il mio Fratellino-Amico Umberto abitava al 4° piano del nostro palazzo ed era il secondo di otto fratelli (la loro famiglia era poverissima e i genitori non avevano nemmeno la TVperciò…)

Le squadre erano composte e la partita ebbe inizio… ma quel giorno serpeggiava il desiderio di fare nuove esperienze, spingendoci oltre l’angolo della nostra strada…

Più di un amichetto, infatti, non aveva voglia di giocare a calcio… allora tentai di convincerli a cambiare gioco: Jùne mònde la lùne, Sguìnce o Zeghètt[1]… ma non riuscivo a convincere i miei cinque amici…

Loro avevano voglia di fare una bella passeggiata e MICHELE (altro baldo giovinetto), ci parlò di una casetta abbandonata da esplorare assolutamente…

Mettemmo ai voti la sua proposta e tutti e sei alzammo la mano…
Iniziò la nostra avventura…
(Naturalmente nessuno dei sei si guardò bene dall’avvertire i propri genitori…)

Quando arrivammo nei pressi della CASETTA, già stanchi per tutto il cammino fatto, nessuno di noi aveva pensato a come fare per entrarvi…

Non solo…
La casa, disabitata da qualche tempo, presentava un aspetto quasi spettrale, accompagnato anche dal fatto che il tempo stava rapidamente cambiando e, in lontananza, udivamo tuoni minacciosi, preludio di un temporale che si sarebbe scatenato di lì a poco…

Tutti eravamo reticenti a entrare, anche se nessuno lo dava a dimostrare…
Allora un altro amico, Gaetano detto NINO ebbe un’intuizione: <<RAGAZZI, UNO DI NOI SCAVALCA E CI DICE COSA SI VEDE>>.

<<SIIIIIII>> tutti in coro…. Già ma chi si doveva offrire volontario?

Umberto, sprezzante del pericolo si offrì volontario, anche perché era il più magro, agile e scattante del gruppo…

Appena salito sul muretto, rimase deluso, sia perché era troppo alto il muro (e pericolosa la discesa) e sia perché non vedeva nulla d’interessante…
Così decise di scendere e ci invitò a tornare indietro a casa…

Nel frattempo i lampi erano diventati più frequenti e, di conseguenza, anche i tuoni…
La strada da fare era parecchio lunga e allora GIANNI (altro temerario del gruppo), appassionato di canzoni come il sottoscritto, propose:
<<RAGAZZI… PER PASSARE IL TEMPO, FINO A CASA, OGNUNO DI NOI CANTERA’ UNA CANZONE E GLI ALTRI FARANNO IL CORO>>.

(TUTTI) <<SIIIIII>>.

E così effettivamente andò, sia per farci coraggio e sia perché c’era parecchio cammino da fare…

Purtroppo non ricordo le canzoni di Gianni, Michele, Nino e VITTORIO
Ma la mia fu quella di Gianni Morandi SCENDE LA PIOGGIA (forse perché stava, nel frattempo, piovendo a dirotto, ma noi camminavamo tranquilli, come se la pioggia non ci sfiorasse)… (per gentile concessione di Youtube: SCENDE LA PIOGGIA (Gianni Morandi)

Eravamo quasi nei pressi della strada di casa e toccava a Umberto cantare la sua canzone…
Non poteva che scegliere un successo del suo cantante preferito Umberto Tozzi (ma soltanto perché si chiamava come lui)…

Mentre cantava a squarciagola la canzone prima nella Hit Parade di quell’anno (TU) e noi con il coro (DAN DABADAN….), da lontano…

Da lontano, mio padre mi attendeva al varco, in compagnia dei padri degli altri cinque miei “complici”…

Immediatamente capimmo il pericolo cui andavamo incontro…
Interrompemmo la canzone…Ci abbracciammo forte forte
Ci salutammo, dicendoci: <<Coraggio, chissà quando ci rivedremo adesso…>>.

E ognuno si prese una bella CARICATA dal rispettivo genitore…

Dopo circa una settimana ci ritrovammo sotto il portone di casa e ciascuno di noi raccontava i rimproveri e le botte ricevute (allora del TELEFONO AZZURRO non c’era nemmeno l’ombra…)

E ogni tanto, a distanza di moltissimi anni, quando ritrovo per strada i miei amici (o come nel caso del mio Fratellino, quando torna), ricordiamo sempre la canzone di Umberto Tozzi e la CARICATA per colpa della CASETTA ABBANDONATA….



[1] Giochi di strada di un tempo che consistevano nel Salto della cavallina “umana” e Nascondino

venerdì 25 novembre 2011

ESTOTE PARATI


siate preparati
(Uno scampato pericolo “scolastico”)
 
La locuzione latina contenuta nel Vangelo secondo Matteo e che ha fatto la fortuna di quel Robert Baden Powell (fondatore degli Scout), nel mio caso, ha funzionato parzialmente...

Sì perché, col senno di poi, avrei voluto frequentare l'Università, mentre, invece, a 19 anni, la "capa era ancora alla sciocue”.[1] (oddio... non che adesso sia diverso)...

Però quando si è trattato di studiare alla scuola elementare... beh... lì ero imbattibile...

Infatti da bambino frequentavo l'Istituto "Primavera", una vecchia scuola privata (che non esiste più) che si trovava in viale della Costituente (a Bari) e che faceva capo all'Istituto "Carlo del Prete", in Corso Benedetto Croce (nei pressi della Chiesa Russa)...

Ero bello da bambino... elegantissimo con il grembiule blu, il colletto bianco, lo scudetto (recante i numeri romani) sul petto, che indicava la classe di frequenza ed, infine, il tocco finale...
una sgargiante coccardina tricolore a mo’ di cravatta...

L'istituto era retto da una Direttrice, la Signorina MARIA, che secondo me era una diretta discendente del Fuhrer Adolf Hitler... proverbiali le sue camminate solitarie lungo i corridoi della scuola con la bacchetta in mano... mitici i suoi sguardi che ti facevano letteralmente tremare le gambe, quando la salutavi...

Ma soprattutto la Signorina MARIA era temutissima da tutti noi scolari, perché al mattino, prima dell'ingresso nelle classi, faceva, ALL’ANFAMA[2], una breve interrogazione...

E se il malcapitato non rispondeva alle sue domandine, arrivavano certi SINENNON[3] che andavano a colorare il viso candido del pargoletto (oggi s’invocherebbe il TELEFONO AZZURRO)...

Onestamente devo dire che nel corso della mia quinquennale permanenza in quella scuola, la mia buona dose di BEFFETTUNE[4], l'ho portata a casa...

La Direttrice interrogava esclusivamente sulla grammatica (in particolare la coniugazione dei verbi) e sulle tabelline...
Ma non solo (ed ecco il vero dramma...)

Lei era un'intima amica di uno zio di mia madre, tale zio AUGUSTO, un tranquillo ed anonimo impiegato dell'INPS, con il quale, però, aveva ordito un tranello nei miei confronti...

Ebbene, fingendo, che zio Augusto fosse un ispettore di un fantomatico Ente per la Protezione della Cultura Italiana, aveva escogitato che tutti quelli che avessero risposto male alle sue domande (o proprio non risposto), sarebbero finiti... IN COLLEGIO...

Madò[5]... la paura di finire in collegio non mi faceva dormire la notte...
A complicare ulteriormente le cose c'era che lo zio Augusto era un collega di lavoro del marito della Signora BENOCCHIA[6] del terzo piano...

Già m’immaginavo in collegio, col pigiama numerato a righe, in compagnia di BELFAGOR[7] (perché secondo me, ci sarebbe finita pure lei)... triste, solo e rassegnato...

Ma allora un giorno ebbi un moto di stizza e promisi a me stesso che non ci sarei finito in collegio...
Iniziai a studiare come un matto... la domenica mattina avevo persino sospeso le mie radiocronache calcistiche alle 6.00 del mattino (con mia madre che mi diceva:<<VITOOOO... DORMI CHE E' PRESTO ANCORA>>)...

Studiavo così tanto che, secondo me, meritavo il Premio NOBEL, per l'impegno che ci mettevo...

Mia madre poi, d'accordo con tutti (e quindi anche con la signora benocchia) mi diceva che sarebbe andata al mercato per vedere di comprare della biancheria che avesse come etichetta, le mie iniziali...

Perché aveva saputo, dal collegio, che si doveva obbligatoriamente indossare biancheria "firmata"...

Però... come tutte le favole... anche questa ha il suo lieto fine...
il nostro eroe non è finito in collegio ed ha persino imparato a memoria tutte le tabelline e la coniugazione dei verbi...

Quando arrivò il giorno dell'interrogazione, risposi sicuro a tutte le domande e, alla fine, per festeggiare, tornai a casa e andai a comprare 500 lire di focaccia dal Panificio CARELLI[8]... tutta per me...

ALLA FACCIA DELLO ZIO AUGUSTO, DEL SUO COLLEGA (nonché marito della benocchia) E DI Belfagor, che, secondo me, già pregustava il momento di rimanere sola con me in collegio...

 



[1] Pensiero costante all’attività ludica
[2] A campione
[3] Ceffoni che lasciavano il segno delle cinque dita
[4] Termine tipicamente barese sinonimo di SINENNON
[5] Tipica esclamazione barese
[6] Nostra vicina di condominio, che indossava un vistoso paio d’occhiali, già presente nella storiella del GELATO AL LIMONE...
[7] Figlia bruttissima somigliante in modo impressionante al personaggio del Louvre (Vedi GELATO AL LIMONE...)
[8] Antico forno presente in via G. Petroni a Bari

giovedì 24 novembre 2011

L'ULTIMO TRAGUARDO


(Storia di una “strana” competizione…)


Entrando in un negozio di articoli sportivi per l’acquisto di una tuta e delle scarpe da ginnastica, si ha solo l'imbarazzo della scelta: infatti, fra Nike, Adidas, Lotto e così via, è possibile acquistare dei veri capi di alta moda...

Ai tempi in cui ero un fulgido giovinetto, esisteva soltanto la classica e sempre amata tuta blu con le righe bianche sulle braccia... Ve la ricordate?

Quella, insieme alle scarpe della Canguro, era la mia divisa domenicale...
Sia se restavo sotto casa, con i miei amichetti a disputare interminabili partite di calcio e sia quando i miei genitori decidevano di uscire per una passeggiata di svago...

Molto spesso, però, la passeggiata domenicale, finiva con l'essere una gita a Bitonto (BA), per una visita al Santuario dei SS. Medici, di cui i miei genitori sono devoti.

Per la verità anche a me piaceva andare, perché oltre al fatto che si poteva correre e giocare sul cortile esterno della Basilica, era presente (e forse lo è ancora oggi), su un lato della chiesa, una splendida pasticceria che aveva, nelle sue vetrine, un'esposizione di dolci che mi lasciava letteralmente incantato...

Un bel giorno, quindi, sapendo di dover andare a Bitonto, corsi a infilarmi la mia comoda e inseparabile tuta ginnica, con annesse scarpe e con il mio inseparabile pallone "Super Santos"...
Ero pronto a trascorrere ore di assoluta allegria e spensieratezza...

In macchina, fantasticavo sui dribbling che avrei effettuato e sul numero dei gol realizzati...

Arrivati a Bitonto, però, successe qualcosa che mi lasciò letteralmente sorpreso, tanto che ancora oggi, ricordando l'episodio, non riesco a capacitarmi di come poté accadere...

Ebbene, lungo la strada che porta al Santuario, stranamente c'era un traffico letteralmente impazzito...
Le macchine erano tutte incolonnate e alcune, senza capire cosa stesse accadendo, strombazzavano fino all'inverosimile.

Mio padre, quindi, per non essere da meno degli altri, iniziò a dare di clacson sul volante della sua Mini Minor color caffellatte (con tettuccio nero), sperando che, con il suo contributo, il traffico potesse immediatamente sciogliersi come neve al sole...

Eppure noi ci trovavamo posti all'incrocio con tre strade: una centrale dalla quale si scorgeva la chiesa e due laterali, piuttosto larghe ma piene di gente...

Ma ad attirare la mia attenzione non era il traffico sempre più assordante...
Non era la canzone degli ALUNNI DEL SOLE Liù (vedi Youtube) che imperversava nella nostra auto...
non erano nemmeno le persone presenti sui balconi di quella strada, in numero veramente considerevole...

La mia attenzione fu catturata da uno striscione che leggevo, in lontananza, nei pressi della Basilica, sul quale campeggiava la scritta:<<TRAGUARDO>>.

Ma non solo...
Improvvisamente e sempre più insistentemente, sentivo avvicinarsi una sinistra musica da una delle due strade laterali...

Era la banda di un corteo funebre che accompagnava, con le sue note, l'ultimo viaggio del malcapitato verso la chiesa...

Dall'altra strada, con mio sommo stupore, si scorgeva un altro corteo funebre che avanzava, sempre in direzione (secondo me) della stessa chiesa...
Incredulo e senza dire nulla ai miei, aprii lo sportello della Mini Minor, saltai fuori dall'abitacolo e...

INIZIAI A GRIDARE COME UN MATTO, INCITANDO I DUE CORTEI AD ACCELLERARE I PROPRI PASSI E DANDO VITA (?) AD UNA RADIOCRONACA CHE (secondo le mie intenzioni) AVREBBE CONDOTTO UNO DEI DUE A TAGLIARE PER PRIMO IL TRAGUARDO, posto grottescamente a pochi metri dal piazzale della Basilica...

Mia madre, per la vergogna, si rifugiò in auto, ma fece in tempo a vedere che la gente sui balconi aveva smesso di guardare i cortei per seguire le mie gesta di radiocronista...

I bambini presenti sui balconi iniziarono ad applaudirmi, mentre uno di essi si beccò NU REDUINE[1] dal padre...

Mio padre riuscì a mettermi una mano alla bocca, a catturarmi e a infilarmi di corsa in macchina...
Salito anch'egli, trovò il modo (non so come) per fare inversione di marcia e (in controsenso) guadagnare, prima possibile, la strada del ritorno...

In quel momento ebbi un barlume di paura e pensai:<<MO' ME LA DEVONO FARE UNA CARICATA!>>.

Usciti dal paese, però, io e mio padre (mio fratello non era ancora nato), scoppiammo a ridere, mentre mia madre, in maniera finto-severa, mi rimproverava, dicendomi che quello era un momento serio...

Alla mia risposta (<<SI, PERO' NON CE L'HO MESSO IO IL TRAGUARDO... >>), cedette a un timido sorrisino che, per me, voleva dire che non era arrabbiata...

Meno male… caricata scansata… TUTTO E' BENE QUEL CHE FINISCE BENE...




[1] Sonoro sganassone

mercoledì 23 novembre 2011

UN BEL GELATO AL LIMONE? NI...

(Storia di un acerbo ragazzino non ancora pratico di donne)

Chi non ricorda la celebre canzone di Lucio Battisti... Come faceva?

Il CARRETTO passava e quell'uomo gridava…
<<A LIMOOOOOUUNEEE... GELAAAAATTIIIIII... A LIMOOOOOUNEEEE>>.

E così, ogni giorno SAVERIO, il gelataio-urlatore, che mi ricordava quei cantanti degli anni ’50 (Alain Barrière, Fausto Leali, Tony Dallara, ecc.) passava dalla strada di casa mia alle 17:00 in punto.

Se ci penso ancora oggi, secondo me, Mogol, straordinario autore di testi e canzoni, in vacanza a Bari, avrà incrociato Saverio, il quale, involontariamente, gli ha fornito l’ispirazione per quella meravigliosa canzone che è I GIARDINI DI MARZO (vedi Youtube).

Dicevo di Saverio. Il suo cognome era PROCOPIO ed era l'ultimo discendente di una dinastia di apprezzati gelatai.
Ogni giorno era puntuale come una cambiale, con il suo carretto rosso spinto da una sgangherata bicicletta. Qualche anno dopo era sempre puntuale, ma scorrazzava con un rombante Apecar e con tanto di megafono.

Ed altrettanto puntualmente, il sottoscritto, magari impegnato a leggere l’ultimo numero di Tex Willer, sul balcone di casa, correva a nascondersi... E non perché disdegni i gelati al limone...

Semplicemente perché la signora BENOCCHIA[1] del terzo piano iniziava a chiamarmi per chiedermi di scendere a comprare tre gelatini: uno per lei, l'altro per la sua figliola (da noi tutti soprannominata BELFAGOR, per l’incredibile somiglianza col noto personaggio dello sceneggiato ispirato al mostro del Louvre) e uno per me, nell’insolita e svogliata veste del garzone.

Qualche volta ci cascavo (perché più che l'orgoglio poté la... voglia del gelato).
Ogni volta maledicevo quel momento, poiché ero costretto a rimanere in casa loro a tenere compagnia a Belfagor... pardon alla figlia...

Belfagor (non posso citare il nome della ragazzina, oggi splendida signora 40enne) mi toccava di continuo i capelli: <<come sono belli i tuoi riccioli... e tu come sei bello...>> e rideva. E toccava… UFFA

Ed io chiudevo gli occhi... non per sognare... ma perché non la volevo vedere, per quanto era brutta…

La signora benocchia, poi, adorava spettegolare su tutto il vicinato e lo faceva spesso, scendendo giù a casa mia, per fare due chiacchiere con mia madre... e noi rimanevamo da soli...
 
Ed era a quel punto che... io divoravo il gelatino per fare in modo di tornare prima possibile da mammà, perché Belfagor si faceva più audace...



Un brutto giorno, all’ennesima avance della donzella, successe quello che ognuno di voi sta pensando. 

Appena lei si avvicinò oltre la barriera da me stabilita, lanciai un urlo liberatorio:
<<MAMMAAAAAAAA...>> e corsi giù per le scale...
Da quel giorno non amo particolarmente i gelati al limone, mentre a distanza di tempo, mi sono pentito poiché Belfagor è sbocciata come un fiore profumato a primavera.

FINE

Signora BENOCCHIA
BELFAGOR


 [1] Nostra vicina di condominio che indossava un vistoso paio d’occhiali