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N.B.: i miei racconti possono contenere parole in dialetto o in forma dialettale barese: NIENTE PAURA... alla pagina 777 ci sono i sottotitoli... (*◕‿◕*)
La storie che leggerete sono liberamente e parzialmente ispirate a fatti realmente accaduti.
I riferimenti a personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono essere frutto della mia fantasia e di esigenze e finalità artistico/narrative.

lunedì 26 dicembre 2011

VOTAZIONI PORTA A PORTA

Storia di un venditore porta a porta che sogna un futuro politico…

Quella sera era rientrato a casa più stanco del solito, ma senza aver raggiunto l’obiettivo che il suo capo gli aveva prefissato all’inizio del mese: NINO era un venditore di scope elettriche porta a porta, particolarmente capace ma sfortunato.

Era da molto tempo che non riusciva a vendere nemmeno uno di quegli aggeggi infernali: forse perché negli ultimi tempi, aveva sempre la testa altrove e, soprattutto, si faceva sempre più forte il desiderio di provarci…

Non si perdeva un TG o le varie trasmissioni di approfondimento, nelle quali si fosse parlato di politica: era quella la sua vera passione e da qualche tempo si era pure iscritto a uno di quei circoli culturali che fanno da serbatoio ai partiti, a quelli che contano, nelle alte sfere del Parlamento, la meta dove lui, fin da ragazzino, sognava di arrivare.

Il Governo arrancava e non passava giorno che non chiedesse la fiducia ai due rami delle Camere, su qualsiasi proposta. I giornali remavano contro e chiedevano a gran voce, al Capo dello Stato, che sciogliesse il Parlamento e desse voce ai cittadini.

Anche Nino, naturalmente, era pronto a tornare alle urne, sia come elettore sia, eventualmente, da candidato, qualora il Partito glielo avesse chiesto.

C’era un’altra ragione che spingeva Nino a tentare la strada politica: il suo vicino di casa e acerrimo nemico (solo perché vicino di casa, appunto) era l’On. MORTELLA, titolare di un’avviata agenzia di onoranze funebri e suo primo datore di lavoro.

Mortella era iscritto al principale partito di opposizione ed era un personaggio molto chiacchierato in paese: si diceva che era d’accordo con le tipografie della zona, affinché queste boicottassero i suoi avversari.

Pure gli amici di Nino lo prendevano spesso in giro, per la sua passione: <<MA COSA PENSI DI FARE? DOVE CREDI DI ANDARE CON QUEL NOME Li’?>>

Eppure Nino era convinto che, in caso di elezioni, sarebbe stato eletto, anche perché, da un sondaggio che aveva condotto personalmente, aveva scoperto che nessuno in Parlamento portava il suo nome: egli, infatti, si chiamava GIOACCHINO. Ed era convinto che la gente avrebbe ricordato facilmente il suo nome e il suo cognome (CARBONARA), al momento della votazione.

Suo padre gli aveva messo quel nome in omaggio a Gioacchino Murat, che tanto aveva fatto per quel piccolo paese e per tutta l’Italia meridionale…

Quella sera, quindi, Nino era naturalmente davanti alla TV, quando il TG comunicò la notizia che il Governo, battuto a Montecitorio, aveva dato le dimissioni: il Presidente del Consiglio era salito, dunque, al Quirinale e il Presidente della Repubblica aveva emesso un provvedimento di scioglimento anticipato delle Camere.  
SI ANDAVA A VOTARE

Dieci minuti dopo quella notizia, il cellulare di Nino cominciò a squillare all’impazzata: dalla sede del Partito avevano deciso di puntare su di lui e il Segretario in persona, lo chiamava per chiedergli di dimostrare la sua passione politica. Nino era pronto…

Seguirono giorni e giorni di riunioni in sede, incontri con i personaggi in vista del paese e un continuo e polemico botta e risposta con l’On. Mortella, che aveva saputo che “un suo ex dipendente aveva osato sfidarlo”…

La città fu immediatamente tappezzata da manifesti di Mortella in tutte le pose e con gli slogan più disparati. Nino, invece, dando fondo a tutti i risparmi di suo nonno (che credeva in lui ed era l’unico che ascoltava i suoi comizi e lo sosteneva), era riuscito a stampare un po' di volantini formato A4 e creati al computer, sui quali c’erano una sua piccola foto con la classica posa del pollice alzato e la scritta: <<VOTA E FAI VOTARE GIOACCHINO CARBONARA>>.

La battaglia elettorale si svolgeva quindi in ogni luogo: al bar del paese, dal barbiere, al supermercato e persino, al cimitero. Già, Mortella era tutti i giorni lì (per lavoro) e affidava “santini” elettorali a tutti quelli che oltrepassavano i cancelli del camposanto.

Non solo: ogni giorno Mortella rientrava a casa e faceva eseguire, dal suo staff, il conteggio dei santini consegnati e aggiornando così, il suo personale sondaggio pre-elettorale…

Arrivò il venerdì che precedeva il giorno delle votazioni e nella piazza del paese fu organizzato un faccia a faccia pubblico fra i due candidati: Mortella arrivò con il suo Jaguar nero, Nino invece con la sua rossa Escort (Ford) del ’75…

Il dibattito si svolse senza esclusioni di colpi e Mortella pareva sicuro di aver conquistato l’intero paese e confermato il suo scranno a Montecitorio.

Nino andò a dormire stanchissimo e sognò di essere eletto, di partecipare a PORTA A PORTA con Bruno Vespa (il suo desiderio più grande) e di diventare Ministro degli Esteri. In quella maniera avrebbe potuto rivedere una sua vecchia fiamma torinese che aveva, a sua volta, inseguito e raggiunto un sogno, ossia quello di andare a vivere in un lussuoso appartamento di Parigi…

La domenica successiva, la gente andò compatta a votare e alla fine il risultato fu clamoroso: Mortella= 9 voti – Carbonara= 4538 voti… ELETTO DEPUTATO ALLA CAMERA...

Giunsero le varie televisioni per le interviste di rito e Mortella dovette ammettere la sconfitta.
L’On. Gioacchino Carbonara si presentò davanti alle telecamere per rilasciare la seguente dichiarazione: <<Quando andrà in onda questa trasmissione e, soprattutto, quando potrò andare ospite da Bruno Vespa?>>.

CONCLUSIONE

Carbonara fu nominato Ministro degli Esteri (in virtù della buona conoscenza delle lingue inglese, spagnola e tedesca: per il francese poteva contare sulla sua ex fiamma, diventata nel frattempo, moglie di un importante politico parigino) e l’Italia, grazie anche alla sua smisurata passione politica, poté finalmente riprendere il cammino fra i Grandi Paesi della terra, sia dal punto di vista economico e sia da quello rappresentativo.

Memorabile il suo primo discorso al Palazzo di Vetro, quando prese la parola per condannare l’ennesimo broglio elettorale avvenuto in uno dei tanti paesi dell’estremo Oriente, dove ancora oggi ci sono forme dittatoriali che privano qualsiasi forma di libertà…

Quel discorso, della durata di mezz’ora, strappò così tanti applausi e consensi che, qualche mese dopo, gli valse addirittura il Premio Nobel per la Pace

E fu così, che quell’abile ma sfortunato venditore di scope elettriche porta a porta, divenne uno dei più apprezzati statisti europei per molti decenni…

TO BE CONTINUED?

NATALE IN BIANCO

(Paese che vai, usanze che trovi…)

Natale, tempo di riflessioni, di riunioni familiari, ma anche di bilanci, regali per grandi e piccini e soprattutto di mega pranzi e cenoni (sicuramente questo avviene nelle famiglie del centro-sud)…

Il bello è che è tutto uguale: alla TV, a ogni ora e su ogni canale fanno vedere gli auguri del Papa in 65 lingue diverse, oppure come hanno passato il Natale in Australia, Messico, a New York, a Parigi…

Anche da noi, alla fine, queste feste sono un po’ tutte uguali: la sera del 24 si cena (ovunque regna sovrano il capitone), si chiacchiera, si gioca, si aspetta la mezzanotte con la rievocazione della nascita del Bambinello…

Il giorno dopo, il tradizionale scambio di auguri con parenti e amici e poi via… di nuovo tutti a mangiare…

Ci avete fatto caso? Non c’è una trasmissione televisiva che non ci propina la sua esclusiva ricetta natalizia…
Anche se, da noi… non si scappa… c’è il brodo (con le sue varianti: di pollo, tacchino, vegetale, ecc.)

E questa tradizione, che io ricordi, la riviviamo da quando ero bambino e viveva ancora NONONNE (la mia bisnonna materna): lei sosteneva che la Madonna aveva partorito e quindi, era d’uopo mangiare il brodo…

Probabilmente NONONNE aveva ereditato questa convinzione da sua madre, sua nonna, ecc... fino alla notte dei tempi.
Naturalmente mia nonna materna prima e adesso mia madre, continuano imperterrite, a seguire questo “dettame”.

Veramente, a me non dispiace: la sera del 24, effettivamente, un po’ si eccede con antipasti (rigorosamente frutti di mare crudi, come da consuetudine barese), il primo a base di pesce, poi anguille o capitone, baccalà e tante altre prelibatezze…

Una volta però accadde che…

Avevo conosciuto da poco tempo la mia fidanzata (che diversi anni dopo sarebbe diventata mia moglie) e le avevo detto che il giorno di Santo Stefano, la mia famiglia era stata invitata a partecipare a una festa di anniversario di nozze (25 anni) di un nostro parente.

La cosa mi seccava non poco, poiché il luogo del ricevimento era molto distante e non avrei potuto vederla. Cosicché lei m’invitò timidamente a trascorrere la giornata del 26 a casa sua, a pranzo: per me sarebbe stata la prima volta che, ufficialmente, pranzavo con la sua famiglia.

Veramente anche i miei genitori erano poco propensi a partecipare, ma si sa che le pubbliche relazioni familiari hanno un certo peso…

Arrivò quel giorno e, purtroppo, mia madre fu vittima di un violento attacco febbrile con tonsillite acuta e non poté prendere parte alla festa: quindi ci andarono soltanto mio padre e mio fratello (che opportunamente pensarono di andarci, in modo da non saltare il pranzo…)

Quella mattina, quindi, mi preparai a dovere: doccia, barba, shampoo, indossai un abito elegantissimo e portai persino la mia macchina da un autolavaggio, per fare più bella figura…

Non avevo chiesto alla mia fidanzata, notizie del menù e neppure lei mi aveva parlato delle loro abitudini alimentari del giorno 26: arrivato a casa sua, scoprii con enorme dispiacere che, a casa sua, ad Adelfia  il 26 dicembre si mangiava brodo di tacchino (ma non so se era abitudine del paese intero o solo della sua famiglia)…

Pertanto il giorno prima BRODO VEGETALE e l’indomani dopo BRODO DI TACCHINO…

CONCLUSIONE

Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi: oppure trascorrete il Natale con chi vi pare ma informatevi prima del menù e, soprattutto, passate il 25 e il 26 presso la stessa casa…
Sicuramente non incapperete in brutte sorprese culinarie!

venerdì 23 dicembre 2011

LE BRETELLE MIRACOLOSE

(Storia di un bambino acrobata, suo malgrado…)

Ci avete fatto caso? In ogni parte d’Italia e del mondo resiste, anche per quest’anno, la moda di appendere ai balconi delle nostre case, il simpatico pupazzo di Babbo Natale che si arrampica per la consegna dei regali ai bambini buoni.

Ebbene: non ci crederete ma mi sento di poter dire che questa moda l’ho inventata io!
Nel senso che chi ha avuto questa geniale e redditizia idea, si è sicuramente ispirato alla “disavventura” che mi capitò una volta, da bambino.

Eravamo nel mese di agosto e una mattina, mia madre decise di far visita a mia nonna materna: ero sempre tanto contento di salutarla, poiché sapevo che era custode di un tesoro…

Era un tesoro speciale che, però, non era conservato in una vecchia soffitta, come si vede nei film, bensì in una vecchia e grossa valigia, con tanto di maniglie e cinghie.

Avevo all’incirca otto anni e mio padre, fra le varie passioni, mi aveva trasmesso quella della lettura dei fumetti, in particolare di Tex Willer, ancora oggi il Numero Uno, secondo il mio modesto parere…

Non vedevo mia nonna da una settimana e perciò, quella mattina mia madre aveva deciso di vestirmi in maniera piuttosto elegante: pantaloncini blu, camicia celeste, calzini bianchi e scarpe blu. Il tocco finale era rappresentato da delle bretelle rosse che mi aveva comprato due giorni prima e che mal sopportavo: infatti, mi sembrava ridicolo indossarle… Ma tant’è

Nelle sue intenzioni c’era pure quella di recarsi al mercato con sua madre e per questo, le avevo detto che sarei rimasto a casa della nonna, in compagnia del mio tesoro, ossia LA COLLEZIONE DEI FUMETTI DI TEX WILLER DAL N. 1 (circa 300 numeri), realizzata da mio padre e da Zio Nicola (sfido chiunque a trovare una famiglia barese che non abbia nel suo Albero Genealogico uno ZIO NICOLA)…

Le due donne mi lasciarono solo in casa ma mia nonna dimenticò di avvertirmi che aveva cambiato posto a quell’ingombrante scrigno: infatti, la valigia era stata spostata sul balcone interno, attiguo alla cucina e, precisamente, su di una veranda interna di un vicino negozio.

In pratica, per arrivare a prendere i giornalini, dovevo salire sulla ringhiera e arrampicarmi sulla veranda della salumeria (peraltro chiusa per ferie, in quel periodo)… Un’impresa non facilissima, per un bambino di otto anni, non propriamente agilissimo.

Dopo che avevo girato per tutta la casa alla ricerca del misterioso baule, quasi sfiduciato, decisi di andare sul balcone della cucina e lì notai che la “caccia al tesoro” era terminata: alzai le braccia al cielo come se avessi vinto la Coppa del Mondo di calcio.

Senza pensarci, decisi di salire sulla ringhiera e prendere finalmente quella decina di fumetti che avrei letteralmente divorato: ero capace di immergermi nelle storie, come se fossi chiamato da Tex a partecipare alle sue avventure, insieme ai suoi pards.

Qualcosa, però, andò storto: le scarpine blu di suola mi tradirono e scivolai, tanto da perdere l’equilibrio.
Per mia fortuna, le bretelle furono la mia ancora di salvezza, giacché rimasero impigliate nella ringhiera, impedendomi di cadere di sotto.

RIMASI, QUINDI, DUE ORE APPESO AL BALCONE, COME UN SALAME, paralizzato dalla paura di precipitare nel vuoto (in realtà mia nonna abitava al primo piano): non riuscivo a emettere un suono dalla bocca e quindi a chiamare aiuto.

Furono i momenti più terribili della mia vita: non c’era nessuno in casa e nessuna signora si affacciava dagli altri balconi, che mi potesse soccorrere.

Aspettai, rassegnato, così, l’arrivo di mia madre e mia nonna: quando sentii il rumore delle chiavi che aprivano la porta, radunando tutte le mie forze, riuscii a urlare e a farmi liberare.

Mia madre, allora, mi assestò un sonoro sganassone che mi fece piangere per qualche minuto, ma mia nonna, più saggiamente, mi diede un bicchiere d’acqua e due cioccolatini, facendomi immediatamente smettere (forse, anche perché, si sentiva un po’ responsabile per il cambiamento di posto della valigia).

Quando mi lamentai con mia madre, che se avessi avuto un abbigliamento più consono, avrei recuperato agevolmente i fumetti desiderati, di rimando, mi rispose che SENZA LE BRETELLE MIRACOLOSE, a quell’ora, sarei stato sicuramente in ospedale, con qualche gamba rotta…

LE MAMME HANNO SEMPRE RAGIONE…

giovedì 22 dicembre 2011

IL JUKE-BOX BAGNATO

(Storia di una “particolare” serenata estiva)

Da molti anni, ormai, non vivo più a Bari, però ogni volta che posso, adoro passeggiare per le vie del centro della mia città.
Anche perché la percorro con il naso all’insù, con gli occhi del turista.

Ogni volta scopro sempre nuovi e interessanti angoli. Oppure, più semplicemente, rivedo persone, cose o negozi di un tempo.

E mi è capitato quindi, l’altro giorno, di essere in via Sparano (il salotto buono della città) e di passeggiare in compagnia dei miei pensieri.

D’un tratto, davanti a me, a un centinaio di metri, notai un capannello di gente, ma soprattutto sentii una persona cantare a squarciagola: era il famigerato Cantante di via Sparano.

Ovviamente mi fermai a guardarlo, ma la mia mente tornò indietro nel tempo, quando…

Ai tempi delle scuole superiori, in estate, la mia comitiva si trasferiva in blocco dal Corso Vittorio Emanuele angolo Via Lombardi alla “sede estiva”, ossia Lido San Francesco alla Rena, la spiaggia dei baresi medi (da non confondere con il Trampolino, la spiaggia dei baresi VIP).

Ricordo che quell’estate avevo conosciuto una ragazza molto carina, bionda, occhi verdi, viso tondo (ho detto VISO), carnagione chiara, due guance rosse… sembrava SUSANNA, il personaggio dei mitici formaggini

La ragazza (che chiamerò SUSANNA nel racconto), ovviamente m’interessava e mi pareva, anch’essa attratta dal sottoscritto…
C’erano quindi tutte le premesse per tentare un approccio…
C’era, però, un problema: la signorina veniva al mare, tutti i giorni, con sua madre e sua sorella minore...

Non fu un grosso problema, “contattare” la sorella, in modo che diventasse mia complice…
Era lo sguardo attento e vigile della mamma il vero ostacolo. Quasi insormontabile.

Con mio sommo piacere, mi venne in soccorso una cara amica che aveva conosciuto la madre della mia futura conquista e che intratteneva con lei, discorsi musicali.

Quando la mia amica mi presentò alla Signora, dicendole che ero un grande conoscitore della musica italiana e straniera contemporanea, credetti di avere campo libero.

Ben presto mi accorsi che la Signora aveva gusti musicali piuttosto ricercati, ma soprattutto aveva una particolare e assoluta avversione per Eros Ramazzotti

Pertanto guai a nominarle il bravo cantautore romano: andava letteralmente in bestia, mentre, invece, io cercavo, opportunamente, di entrare nelle sue grazie, per assecondare il mio fine.

Intanto i giorni trascorrevano tutti uguali, la musica era sempre l’argomento preferito della Signora, però con sua figlia non si batteva un chiodo…

Venni a sapere, quasi casualmente, da un’altra mia amica, che la mia “reticente” Susanna adorava le canzoni d’amore e le serenate sotto il balcone, stile Romeo e Giulietta…

Ebbene, parlando di quest’ultimo argomento con il mio inseparabile amico PASQUALE, questi ebbe una fulminante idea che mi lasciò, sulle prime, perplesso, ma poi riuscì a convincermi: DOVEVAMO ORGANIZZARE UNA SERENATA ROMANTICA
già, ma come? E soprattutto chi doveva esibirsi?

Guardandoci negli occhi, insieme esclamammo: <<MARCOOOO!>>…

Marco era un tipo strambo che girava per la città, cantando a squarciagola tutte le canzoni italiane del momento e anche del passato, poiché aveva un’età indefinibile, ma soprattutto, a seguito del fatto che sua moglie lo aveva fatto Colonnello (frase dialettale barese che indica il tradimento del coniuge), aveva subìto un forte esaurimento nervoso, che lo aveva reso un enorme bambinone…

Tutti in città conoscevano Marco e chiunque volesse fargli cantare delle canzoni, doveva semplicemente dargli delle monete e lui diventava un juke-box…
Una domenica pomeriggio, i miei genitori mi avvertirono che dovevo andare con loro a un battesimo di un mio cuginetto, alla Cattedrale, nel centro storico… Che noia… vestirsi con un abito doppiopetto blu, camicia celeste e cravatta e pochette rossa… ovviamente scarpe di suola nere (ero elegantissimo e sembravo Don Vito Corleone, il celebre personaggio di quel capolavoro del cinema che è stato IL PADRINO di Francis Ford Coppola).

Tornando dalla funzione, mi recai in Corso Vittorio Emanuele, dove mi attendevano gli amici (soprattutto per prendermi in giro per il mio abbigliamento: loro erano quasi tutti in calzoni corti e polo a maniche corte, visto il caldo afoso della città).

Mentre ero lì che raccontavo i particolari della messa, DONATO TUTTECALZUNE (detto così perché era magrissimo e di famiglia modesta e numerosa… spesso indossava dei pantaloni di suo fratello maggiore, di due taglie più grandi di lui, che “fermava” con dei vistosi cinturoni di EL CHARRO) scorse in lontananza l’arrivo di Marco il juke-box... e lì scattò il nostro piano

Mi fecero nascondere dietro un angolo buio, assieme al mio fido Pasquale e poi fermarono e accerchiarono il poverino e lo costrinsero a entrare nella vicina cabina telefonica.  
Pareva un concorrente di Rischiatutto.
Spaventato, pregò loro di non fargli del male e che avrebbe cantato tutte le canzoni di sua conoscenza.

Lo avvertirono che c’era DON VITO che voleva parlargli e lui annuì, piagnucolando.
A un cenno di BRUNO (altro complice della vicenda), lentamente e con uno sguardo da duro, mi avvicinai al malcapitato “cantante di strada”, senza dirgli una parola…

Nessuno parlava, erano tutti seri e Marco ruppe il silenzio, balbettando qualcosa…
Immediatamente lo zittii con un semplice gesto delle mani e portando l’indice destro sotto il naso.

I miei amici in quel momento:<<sssssshhhhhhh, non parlare se non te lo dice Don Vito>>.

Il poverino non parlava, era pietrificato. Mantenendo lo sguardo da duro e da perfetto Gangster anni ‘20, gli dissi:<<Uagliò, tu stasera devi cantare per me. E BASTA!>>.

(Marco):<<Don Vito, io… se volete, vi canto tutte le canzoni che conosco… volete che vi canti Anema e Core? Malafemmena? Tu ca nu chiagne? Adesso Tu di Eros Ramazz…>>.

(IO):<<NON TI PERMETTERE DI NOMINARE A QUELLO, HAI CAPITO? CHE MI STA QUI (sullo stomaco)… e poi… devi fare una serenata, perciò preparati un bel repertorio… Intesi?>>.
E tirai fuori dalla mia tasca 2.000 lire e glieli allungai.

Lo strampalato saltimbanco, a sua volta, allungò la mano per prenderle, ma io ritrassi la mia e lo avvertii:<<1.000 lire adesso e 1.000 lire stasera, dopo la serenata… e non ne parliamo più!>>.

Nel frattempo le ragazze, avvertite dall’unica donna presente a questo particolare incontro, avevano pensato bene di incontrarsi a casa della mia bella, la quale non sapeva nulla della sorpresa che di lì a poco, avrebbe ricevuto…

All’orario prestabilito, Marco si presentò puntuale in via Gioacchino Murat, sotto il portone della mia “schizzinosa” ragazzina…

Noi eravamo, invece, tutti nascosti dietro alle auto in sosta, nella strada.

Bruno aveva il compito di citofonare e, camuffando la voce (stringendosi le narici), disse:<<EEEHHH SIGNORA, AFFACCIATEVI AL BALCONE CHE C’E’ QUALCUNO PER VOI>> e corse a nascondersi dietro una macchina…

Di sera, d’estate, la gente, normalmente, è sui balconi in cerca di refrigerio: perciò Marco ben presto, si rese conto di avere una platea, dapprima sonnacchiosa e poi parecchio interessata alla sua performance…

La prima canzone che cantò fu quella di Alan Sorrenti, Tu sei l'unica donna per me
Feci un cenno di approvazione con la testa a Pasquale.
La gente, sui balconi, batteva le mani a tempo e le nostre ragazze, erano tutte incantate a seguire l’improvvisato concerto, che Marco dedicò a Susanna: <<da parte di Don Vito…>>.

(Io, compiendo un gesto di stizza):<<NONE, non doveva fare il mio nome… adesso avrà 800 lire e non più 1.000!>>.

Al termine della canzone, Marco ricevette un timido applauso, mi guardò e gli feci cenno di continuare. Allora attaccò con la canzone di Riccardo Cocciante, Bella senz'anima

Pasquale mi guardò e fece un cenno di approvazione con la testa.
Ma quando Marco arrivò all’inciso della canzone, cantando:<<E ADESSO SPOGLIATIIIII… COME SAI FARE TUUU>>, a quel punto, cercando un mio cenno d’approvazione, subito confermata, cantò con tutta la forza che aveva, riscuotendo un successo clamoroso, da parte dei tanti involontari e ignari spettatori…

La terza canzone, però, segnò la fine dell’esibizione con un clamoroso e imprevisto finale: Marco aveva stravolto la scaletta concordata e cantò ADESSO TU di Eros Ramazzotti

(Io)<<NOOOO è finita… mò avrà 600 lire e non più 800!>>.
I miei amici avevano tutti lo sguardo teso e impaurito, come di chi è consapevole che sta per succedere qualcosa…

A un certo punto, la Mamma, anch’essa affacciata e, in un certo senso, orgogliosa che la serenata fosse dedicata a una delle sue figlie, corse in casa… Dopo qualche minuto, la rivedemmo e…

(Tutti):<<MARCOOOOO ATTENTOOOOO…>> Troppo tardi!
Il povero juke-box ambulante fu investito in pieno da un violento gavettone d’acqua fredda, fatto con un’enorme vasca.

Il poverino scappò via spaventato e noi lo rincorremmo, perché avremmo voluto pagare la sua esibizione, ma non riuscimmo a raggiungerlo… Era troppo spaventato e, secondo noi, pensò che l’avremmo voluto picchiare per non aver cantato la canzone concordata…

CONCLUSIONE

Che ve la dico a fare?

Nonostante il finale traumatico, la signorina apprezzò molto il mio gesto e l’indomani, al mare, cadde fra le mie braccia come una pera cotta…

POTENZA DELLA MUSICA E DEL PERFETTO GIOCO DI SQUADRA

sabato 17 dicembre 2011

IO VOLEVO SOLO UN PO' DI FOCACCIA


(Storia di un libro di cucina mai letto)
 
Chi mi conosce veramente bene sa della mia costante, testarda e alterna lotta con la bilancia…
Se si considera che quando sono nato, pesavo 5 kg. è tutto dire…

Nel corso degli anni, quindi, sono sempre stato una “fisarmonica”…
Perennemente a dieta…
una volta sono stato in grado di perdere addirittura 30 kg. (a ridosso del matrimonio)… NON RIDETE

Solo che, durante la dieta, sarei capace di rinunciare a tutto, tranne che alla pizza…
Ma soprattutto alla nostra sempre amata FOCACCIA BARESE

Pertanto, all’ennesima cura dimagrante apportatrice di consistente riduzione di peso, avevo deciso di festeggiare l’evento, tornando a gustare la focaccia, prodotto che ogni turista o persona non-barese che, capitando dalle nostre parti, assaggia, ne resta incantato…

Quel sabato mattina, quindi, pregustando quel momento, avevo chiesto a mia madre di provvedere all’acquisto di quel prelibato alimento, giacché ero impegnato con una gentile e graziosa signorina che mi aveva chiesto di farle da cicerone, in giro per la città…

Nel frattempo, mio fratello Giuseppe era con degli amici, alle prese con un interminabile torneo di calcetto e mio padre, all’epoca elettricista nel settore tecnico di una nota banca barese, era stato chiamato dal Direttore Generale, per via di un problemino nella sua abitazione…

La giornata scorreva tranquilla, anche se la signorina, pur rientrando perfettamente nei canoni tipici femminili (ossia si soffermava presso qualunque negozio di scarpe, d’intimo oppure di abbigliamento), aveva la tendenza a soffermarsi presso le vetrine delle pasticcerie (forse per mettermi alla prova, sapendo della mia dieta…mah!)

In realtà, mentre chiacchieravo con lei, tentando tutte le varie tecniche di seduzione imparate fino al momento, il mio pensiero fisso andava al momento in cui avrei gustato, a casa, la focaccia del Panificio Carelli[1].

A casa del Direttore Generale della banca, mio padre ebbe ragione del guasto, dopo aver faticato non poco… ma per conservare (o alimentare) i buoni rapporti “dipendente-capo”, decise di evitare di farsi pagare…
 
La moglie del Direttore, originaria di Alba (CN), a quel punto, per disobbligarsi con mio padre, gli regalò del tartufo delle sue parti e un libro di ricette di cucine di Pellegrino Artusi (uno dei più apprezzati chef di tutti i tempi), aggiungendo che avrebbe avuto piacere se, poi, nel pomeriggio, mio padre le avesse raccontato del risotto al tartufo, che era un piatto forte della signora…

(quindi era un regalo interessato e una sorta di “imposizione” nascosta, alla quale mio padre non poteva esimersi…)

Quando mio padre tornò a casa e raccontò i fatti a mia madre, insieme decisero che la mia focaccia avrebbe atteso e che il risotto andava preparato…
Nel frattempo mio padre uscì nuovamente e mia madre, pensò bene di non guardare il libro, ma di preparare secondo le sue conoscenze, tramandatele da sua madre e da sua nonna…

Quindi, anziché grattare il tartufo, a cottura ultimata, infilò tutto il tubero direttamente nella pentola e andò a stendere i panni sul balcone…

Al secondo piano del nostro palazzo abitava (ancora oggi) una famiglia che aveva una figlia coetanea di mio fratello e anch’essa, segretamente innamorata di Giuseppe, ma non propriamente una “miss in gambissime”…

Infatti, la “chiattona” pesava circa il doppio del peso di mio fratello (che naturalmente cercava di starle alla larga), ma soprattutto aveva suo padre che vendeva bombole di gas propano liquido che venivano utilizzate per la cucina (o per le stufe a gas) e aveva un negozio a pochi metri dal nostro palazzo…

La ragazzina prima di tutti si accorse di uno strano odore che proveniva dal palazzo… un odore forte, intenso e… quasi nauseabondo…

Immediatamente iniziò a urlare, dal balcone, a suo padre, dicendogli che avvertiva una fuga di gas…
Suo padre si avvicinò a casa e, da esperto conoscitore di gas, non poté che darle ragione…
Tornò di corsa nel negozio per chiamare i vigili del fuoco…

In men che non si dica, la nostra strada si trasformò in un formicaio di curiosi nullafacenti e intenti a capire quale sarebbe stato il palazzo che, di lì a poco, sarebbe crollato per la fuga di gas…

A complicare ulteriormente le cose ci pensò un amico di mio fratello che abitava al terzo piano e che aveva suo padre… (indovinate un po’!)... VIGILE DEL FUOCO

Questi non aveva potuto partecipare al torneo di calcetto poiché infortunato e quindi, stando in casa, aveva sentito le urla della “chiattona” e aveva avvertito suo padre…
La squadra dei vigili del fuoco allertata, però, non era quella di suo padre…

Quando questi arrivarono in via Monte Nevoso, solo perché c’era un loro collega che abitava in quella strada, pensarono bene di avvertire il comando del pericolo di crollo del palazzo del collega…

Nel giro di pochissimi minuti e a sirene spiegate, giunsero ben tre camionette dei pompieri… e siccome via Monte Nevoso è ad un passo dalla sede della Gazzetta del Mezzogiorno e da Antenna Sud, pure una troupe televisiva…

I pompieri fecero immediatamente sgomberare il palazzo e quindi, qualcuno che aveva capito in anticipo il pericolo, aveva fatto in tempo a recuperare dei vestiti e le cose più care ed a infilarle in una valigia…

Avevo salutato la graziosa signorina che, mi aveva fatto sudare le proverbiali sette camicie, ma aveva “capitolato” (!) e stavo raggiungendo casa, sempre con in testa l’idea della focaccia, ma…

<<CHE SUCCEDE?>>…

Incrociai la signora BENOCCHIA del terzo piano e BELFAGOR, con la valigia in mano, piangendo, corse a salutarmi, abbracciandomi…
Cercai di respingerla con garbo e, educatamente, salutai la signora, augurando loro una piacevole vacanza ma Belfagor, anticipando sua madre, mi raccontò della fuga di gas e dello sgombero del nostro palazzo…

Le lasciai ancora lì e iniziai una corsa forsennata verso casa mia…

Peccato solo che non ci fosse nessuno a cronometrarmi… di sicuro avrei stracciato il record del mondo dei 100 metri del grande USAIN BOLT.

Trovai mia madre giù che piangeva e mi avvicinai per farle coraggio e per saperne di più… era arrivato anche mio padre…

Dopo interminabili momenti di attesa un vigile del fuoco si affacciò dalla finestra della nostra cucina e fece un segno inequivocabile: PERICOLO SCAMPATO

Tutta la gente in strada cominciò ad applaudire e dopo qualche secondo, le squadre dei pompieri uscirono trionfanti dal portone…

Il comandante della squadra si avvicinò a noi e disse, in silenzio a mia madre:

<<SIGNORA, PER EVITARE DI FARLE FARE UNA CATTIVA FIGURA DIREMO CHE SI E’ TRATTATO DI UNA FUGA DI GAS…
MA LA PROSSIMA VOLTA CHE DEVE PREPARARE IL RISOTTO AL TARTUFO, SEGUA LE ISTRUZIONI DA UN LIBRO DI RICETTE>>

Così, finalmente, potemmo rientrare nelle nostre case e riprendere la normale vita…
I curiosi si erano dissolti come neve al sole… Il risotto si era salvato… Mio fratello aveva persino vinto il torneo…

E mio padre avrebbe potuto telefonare alla moglie del Direttore, descrivendole un piatto eccezionale e ringraziandola, ancora una volta, per lo “squisito” omaggio…

E pensare che quel giorno,
 
IO VOLEVO SOLO UN PO’ DI FOCACCIA

La focaccia del Panificio Carelli...

[1] Un forno che non esiste più e che si trovava in via G. Petroni e che aveva la caratteristica di ricoprire la focaccia quasi completamente di pomodori, olive e origano… mmm che squisitezza!

giovedì 15 dicembre 2011

MIA MADRE E' NERA?


Quando si dice BACIATI DAL SOLE...

Beh, poiché non ho la fortuna di essere il cugino di BRAD PITT o di GEORGE CLOONEY, almeno, rispetto a loro, ho il privilegio di essere baciato dal sole...
Ossia, mi basta alzare il viso al sole (anche solo per cinque minuti) che già mi coloro, diventando olivastro...
Poi i ricciolini e il sorriso fanno il resto (seee... ho fatto la canzone O' SARRACINO)...

Subito dopo il diploma, si trattò di scegliere se frequentare l'Università o iscrivermi a qualche corso di formazione...
Scelsi la seconda soluzione, allettato da facili promesse lavorative (vabbè lasciamo stare... che è meglio)...

Frequentai, quindi, un corso biennale di PROGRAMMAZIONE SU PERSONAL COMPUTER al Centro di Formazione Professionale "ENAPAICA", in via G. Laterza a Bari (Oggi non esiste più: è stato adibito a residenza per anziani).

Nella mia classe c'erano ragazzi e ragazze provenienti da tutta la provincia di Bari: Molfetta, Bitonto, Andria (all'epoca), Noicattaro, ecc...

Queste persone (devo dire, soprattutto le femminucce) erano meravigliate dal colore della mia pelle e facevano varie ipotesi: un giorno mi chiesero il motivo della mia colorazione e raccontai loro di avere mia madre nera, originaria del Mali e, grazie a lei, avevo ereditato questa particolare carnagione...

Anzi...
Dato che mio padre è moro (ora non tanto), scuro e sempre al sole, a maggior ragione, non potevo essere esattamente un latticino...

Un giorno, uno dei nostri insegnanti ci aveva assegnato uno di quei noiosi lavori di gruppo e, perché quest’operazione andava conclusa entro due giorni, c'era bisogno di incontrarsi anche al di fuori delle ore scolastiche...

Quindi, giacché sarebbe stato difficile andare a casa di qualunque altro compagno/a, si decise di rimanere a Bari...
Sì ma dove?

All'epoca abitavo con i miei genitori in via Monte Nevoso (a poche centinaia di metri dalla scuola)... pertanto la sede logistica più opportuna non poteva che essere casa mia...
Proposi ai miei amici di rimanere a pranzo da me e, poi avremmo continuato i "compiti"...

Solo che dimenticai di avvertire mia madre...
Questa si vide arrivare un'orda di cavallette affamate che suonavano al citofono...
Immediatamente diedi disposizione di preparare 2 kg di spaghetti al pomodoro e...

Appena saliti, accolsi i miei amici davanti alla porta e iniziai le presentazioni...
Tre mie amiche non riuscirono a trattenersi e scoppiarono in una fragorosa risata...
Io e mia madre ci guardammo e lei non capiva...

Dopodiché le ragazze si giustificarono spiegando a mia madre che avevo raccontato loro che fosse africana, mentre invece ha una carnagione chiarissima, tanto che il Caseificio Capurso di Gioia del Colle viene a studiare il modo per rendere più bianche le mozzarelle che produce, ispirandosi al suo colore...

Naturalmente finì tutto in una risata generale, davanti ad un bel piatto fumante di spaghetti...

domenica 11 dicembre 2011

IL SANTINO TRADITORE


(“Scherza coi fanti ma lascia stare i Santi”)

L’altro giorno, a casa mia, ero alla ricerca di una foto della mia adolescenza che, ne ero certo, potesse trovarsi in un contenitore di latta (di quelli dei panettoni, per intenderci), da qualche parte, su uno scaffale…

Quando si apre l’album delle foto, contemporaneamente se ne apre uno dei ricordi…
La ricerca si fermò davanti ad una foto della mia classe II A dell’Istituto Tecnico Commerciale “Vito Vittorio Lenoci”, situato al Centro Studi Polivalente Japigia a Bari…

In particolare, la mia attenzione fu attratta oltre che dalla mia figura sorridente, anche da un carissimo e inseparabile amico e compagno di banco (oggi apprezzato dottore commercialista), con il quale abbiamo vissuto anni scolastici indimenticabili…

Con TANINO (Gaetano) ci conosciamo dai tempi della scuola media e se consideriamo anche quelli delle superiori (5+1 per entrambi) e qualche anno dopo, con le varie comitive, è un’amicizia più che trentennale…

Tanti episodi, quindi, ci legano e tanti ricordi…
Interrogazioni, compiti in classe, organizzazione di scioperi e di giorni di festa a scuola (sega, X, marinare la scuola… chiamateli come volete…)

Era un ragazzo molto intelligente, attento e sveglio e uno dei suoi pregi era di essere un autentico genio in matematica (materia un po’ ostica per il sottoscritto)…
Mentre era assolutamente negato per le lingue straniere (dove invece mi distinguevo alla grande)…

Sicché l’accordo tacito fu che avremmo diviso lo stesso banco per aiutarci a vicenda, sulle materie “pericolose”…

In più era innamoratissimo di una ragazzina della I B, una tal Maddalena detta MILENA che era bassa, scura, minuta, mingherlina, timorata di Dio e tutta casa e chiesa (… e vorrei vedere), che non aveva alcuna intenzione di cedere alle sue lusinghe…

Al contrario, lui era alto, biondissimo, di carnagione molto chiara, con degli occhialini da intellettuale, possente per via dello sport che praticava (era un discreto calciatore) e soprattutto, aveva una schiera di fans femminili da far invidia ai più rinomati attori del momento…
Ma lui era letteralmente invaghito di quell’incrocio fra un orango tango e un homo erectus…

Nel tentativo di trovare il modo per costringerla a capitolare, Tanino mi chiedeva consigli su cosa fare, cosa dire, ecc.…

<<Tanì… tanto per cominciare dì a tua madre di smetterla di comprarti queste camicie bianche a mezze maniche… biondo come sei e con gli occhiali alla John Lennon, ti manca solo la targhetta sul petto e poi la gente ti prende per un Mormone, tipo... ANZIANO JOHNSON>>
gli dicevo io, quando, dall’alto della mia esperienza, venivo interpellato per esprimere un parere tecnico…

Il problema si pose quando anche Milena venne timidamente da me per chiedermi consigli su come fare colpo su Tanino, senza che egli potesse capire dell’interessamento della scimmia…. pardòn della ragazzetta…
Era un bel problema… non avrei voluto aiutarla, anche perché, secondo me, Tanino meritava di più…

Però anch’io capitolai quando Milena mi promise che mi avrebbe fatto conoscere la sua migliore amica, una certa SAMANTHA (con l’H)… una rossa formosa e appariscente, con degli occhi celeste mare che, al solo guardarli, ci si poteva perdere all’interno… (ho detto OCCHI…)

Samantha (con l'H) la incontravo tutte le mattine sul bus che ci portava a scuola… più volte avevo provato a “contattarla”, ma senza esito… e poi, francamente, era un po’ strana… non parlava mai e non rideva neanche… chissà perché?

Per raggiungere il MIO “obiettivo”, convinsi il mio amico e compagno di banco a cambiare camicie e a indossare delle eleganti polo a tinta unita e consigliai a Milena di interessarsi di una particolare collezione di Tanino…

Tutti noi ragazzini abbiamo fatto decenni di collezioni di figurine dei calciatori… Tanino NO
egli collezionava santini, una passione ereditata dalla madre che, tra l’altro, era una catechista…

Egli aveva un numero impressionante di santini e, quando andavo a casa sua a studiare (?), era sempre lì che mi spiegava il significato delle pose dei Santi e mi faceva vedere le new-entry della sua collezione…

Li possedeva tutti: San Nicola, San Giorgio, Sant’Antonio, San Rocco, San Michele, La Madonna di Pompei. TUTTI. Li aveva tutti.…

Questi santini, poi, erano utilizzati come amuleti portafortuna per evitare le interrogazioni d’inglese… 

Già… Tanino aveva una specie di rapporto di odio-amore con la nostra insegnante d’inglese, la temutissima Prof. DI BARI, una delle insegnanti più anziane della scuola, conosciuta da tutti e rispettata più del Preside…

Una mattina, prima dell’ingresso nelle aule, mi accorsi che Milena si avvicinò a Tanino per consegnargli un biglietto… Sorridendo, entrai in aula e lo aspettai “al varco”…

(Tanino):<<GUARDA COSA MI HA DATO… SANTA CATERINA DA SIENA… NON CE L’AVEVO E MI HA DETTO CHE OGGI MI PORTERA’ FORTUNA>>

(IO):<<MMMMMMM NON CREDO>> pensai senza dirglielo, annuendo e sapendo che alla prima ora, la prof. d’inglese avrebbe interrogato…
 
L’insegnante entrò in aula, accompagnata da un gelido silenzio e arrabbiata di brutto, poiché aveva trovato la sua fiammante FIAT 500 celeste chiaro con un vistoso raschio su tutta la fiancata sinistra…

(Prof.):<<ALLORA INTERROGHIAMO…>>

Tanino, che era molto emotivo, iniziò a cambiare colore, slacciandosi la camicia bianca a mezze maniche (quel giorno la indossava) e diventando di un rosso paonazzo che, al suo confronto, il ragù domenicale di mia madre sembrava fortemente annacquato…

Notai che tirò fuori i santini dal portafogli e li dispose in cerchio, sul banco, come fosse il Mago di Arcella, iniziando una silenziosa preghiera, con le mani giunte…
Non riuscivo a non guardarlo e a sorridere in silenzio… mi aspettavo il peggio

Ebbi, però il tempo di fargli coraggio, dicendogli che non l’avrebbe chiamato…
era stato interrogato tre giorni prima (interrogazione disastrosa: aveva preso 2)…

In aula c’era un silenzio assordante che, all’improvviso fu rotto da…

<<CUTRIGNELLI...[1]>>… Incredibile… La prof. lo aveva richiamato, a distanza di qualche giorno, per verificare se ci fossero stati dei miglioramenti sulla pronuncia…

A quel punto, mi nascosi sotto il banco, sganasciandomi dalle risate, ma notando lo sguardo di ghiaccio misto alla rassegnazione del mio povero compagno di banco…

L’interrogazione fu un ennesimo disastro, ma opportunamente incolpai il santino di Milena, che l’aveva tradito…
lo convinsi e da qual giorno decise di non rivolgerle più la parola… E FECE BENE

Oggi è felicemente sposato con un’altra ragazza molto più carina di quella…

FINE DELLA STORIA (?)

Quanto a me…
Milena mantenne la parola e mi presentò Samantha (con l’H), ma lo fece il giorno in cui vennero fuori i quadri…

Sia il sottoscritto sia il suo degno compare erano stati respinti…
Sulla mia riga c’era una sfilza d’insufficienze ma spiccava un bel 9 in inglese…

Samantha (con l'H), non conoscendomi ancora (nemmeno il mio nome), stava guardando i nostri quadri e non si era accorta della mia presenza alle sue spalle…

D’un tratto si girò, mi sorrise e non mi sfuggì che le mancavano un incisivo e un canino…
poi sghignazzando:<<MADO’… SI VVISTE A CUSSE SCEM? JE’ STATE BOCCIATE E TENE 9 IN INGLESE[2]>>…

Mantenendo la calma oxfordiana le risposi:<<SI… PROPRIO SCEMO… CHISSA CHI E’?>> e andai via, lasciandola lì, con l’amica che la rimproverava, dicendole che “quello” (cioè il sottoscritto) era l’amico di Tanino…

In quel momento capii finalmente perché non parlava mai e nemmeno rideva…
in silenzio faceva più bella figura…


[1] Cognome di fantasia. Avevo promesso al mio amico che non l’avrei citato, come del resto anche gli altri personaggi. Sono tutti nomi inventati.
[2] <<Madonna…Hai visto questo scemo? E’ stato respinto ma ha 9 in inglese?>>

mercoledì 7 dicembre 2011

UNA DOMENICA BESTIALE


(“La schedina fra le dita può cambiare la tua vita…”)

Lo straordinario successo del mio cantante preferito (Domenica bestiale di Fabio Concato) ben si presta a fare da colonna sonora della storia che sto per raccontare. 
Certo, se Fabio Concato avesse saputo quello che mi capitò quella domenica, sicuramente, modificando il testo, avrebbe stravinto sia al Festival di Sanremo sia ai Grammy Awards[1]

Ero reduce da una settimana scolastica molto pesante. Le insegnanti della scuola media non ci davano tregua: chi con le espressioni algebriche, chi con Omero e la sua Odissea, altre con le loro rispettive materie più o meno antipatiche e impegnative.

Non vedevo l’ora che arrivasse la domenica, per tanti motivi: perché ero stato influenzato la domenica precedente ed ero rimasto tutto il giorno a letto: <<Madò… non potevo stare così di lunedì?>>, pensai, stizzito a letto in quella splendida giornata di sole…

Un’altra ragione per cui aspettavo la domenica era che mio padre aveva deciso di riportarmi allo stadio (il mitico “Della Vittoria”), dopo una lunga assenza: il Bari avrebbe affrontato in casa la Ternana e se avesse vinto, sarebbe andato in testa al campionato di serie B…

Inoltre il sabato mattina mi aveva detto che aveva bisogno del mio aiuto, per un lavoretto che intendeva svolgere, la mattina dopo, a casa di un suo amico.
Mio padre, ex elettricista (ora in pensione) era benvoluto da tutti i suoi colleghi e spesso era richiesto da essi per dei piccoli lavori elettrici. 
In qualche caso, quando la circostanza lo richiedeva, si avvaleva della mia “collaborazione”, al fine di terminare più velocemente l’impegno intrapreso.

Fu così che quella domenica mattina ci recammo a casa di OSCAR, un suo collega originario di Galatone (LE), che abitava in via Emanuele Mola a Bari.

Ancora oggi, ogni volta che ripasso da quella strada, che è il prolungamento di via G. Amendola (la via che porta sulla statale 100, la cosiddetta Bari-Taranto) e che interseca viale G. Capruzzi (più conosciuta dai baresi come l’Extramurale), il mio pensiero va a questo ex collega di mio padre, simpaticissimo e mattacchione…

All’epoca single, Oscar era definito, nell’ambito lavorativo, un vero e proprio genio incompreso: oggi diremmo un eccentrico… capelli spettinati, barba incolta, cambiava fidanzate come fossero calzini, fumava di tutto ma soprattutto ascoltava tanta musica, di tutti i generi…

A casa sua, la musica la faceva da padrona: egli spaziava tranquillamente dai Beatles a Pavarotti, da Frank Sinatra fino a Sergio Endrigo, passando per l’immancabile pizzica salentina… era un vero e proprio appassionato del mondo delle sette note. 
E soprattutto possedeva tanti strumenti musicali che diceva di saper suonare…
Ero veramente impressionato da quell’uomo…

Il lavoro a casa di Oscar fu lungo e piuttosto impegnativo e, quella non era la prima volta che mio padre mi chiamava per quel lavoro. Finalmente eravamo arrivati alla conclusione e, al momento di salutarci, dopo che ebbe regolato il pagamento, Oscar mi stupì ancora una volta: mi regalò un 45 giri dei Beatles, Let it be e una chitarra acustica che conservo gelosamente ancora oggi…

Quando tornai a casa con questo prezioso cimelio, incrociai i miei amici e mostrai fiero il frutto del mio “lavoro”…

Dopodiché salimmo a casa per pranzare di corsa e recarci allo stadio, in compagnia della nostra radiolina che, in tempo reale, grazie alla mitica trasmissione “TUTTO IL CALCIO MINUTO PER MINUTO”, ci avrebbe fornito i risultati di tutte le partite inserite nella schedina.

Come ogni settimana, avevo giocato, insieme a mio padre, un sistema da tre doppie per un valore di 1.400 lire… anche in quella circostanza, avevo puntualmente dichiarato al tabaccaio che, se avessi fatto 13, mi sarei ricordato anche di lui…

La partita fu eccezionale: il Bari vinse 2 a 0 e le partite del Totocalcio stavano quasi per terminare. Mancava solo il risultato di una partita di serie C e, fino a quel momento, avevo totalizzato 12 punti…

L’emozione era palpabile ed io, che nella mia vita, non avevo mai vinto niente, già mi vedevo miliardario, comodamente seduto su di una sdraio ai Tropici, che ordinavo una limonata al barman e con due belle fanciulle che mi sventolavano ai miei lati, oppure che avrei intrapreso la carriera di cantante di successo, con la chitarra regalatami da Oscar…

Solo che il Barletta non si decideva a pareggiare sul campo della Turris: avevo messo X sulla schedina, per simpatia e perché era una squadra pugliese: mancava un minuto alla fine della partita, eravamo già fuori dello stadio e mio padre camminava con l’orecchio incollato alla radiolina… ed io, incollato a lui, che pregavo…

<<ATTENZIONEEEEE… CALCIO DI RIGORE PER IL BARLETTA….>>… Madò
In quel momento avrei voluto essere io a calciare quel pallone dritto in porta… e invece dovevo sperare che il calciatore del Barletta avesse compiuto il suo dovere…

<<TUTTO E’ PRONTO DAGLI UNDICI METRI… PARTE CAPOGNA… TIRO…>>
Nooooooooo…… La radiolina si spense all’improvviso…

Io e mio padre ci guardammo negli occhi, poi iniziammo a turno a scuotere quel maledetto aggeggio, che sul più bello, ci aveva abbandonato con le batterie scariche…

Per fortuna, vicino a noi, camminavano altre persone che stavano raggiungendo ognuno le proprie auto… Un ragazzo ci avvertì che la partita era terminata e il Barletta aveva pareggiato: la partita finì 1 a 1…

(Io):<<13… ho fatto 13… non ci credo… HO VINTO… ho fatto 13….>>, saltellando e cantando a squarciagola la canzone di Toto Cutugno, La domenica italiana

Tornammo a casa e salutai in fretta mio padre: avevo appuntamento con i miei amici per andare al cinema.

Allo Splendor[2], un piccolo cinema esistente ancora oggi in via Buccari, proiettavano l’ennesimo film di Edwige Fenech, Lino Banfi e Alvaro Vitali, LA POLIZIOTTA DELLA SQUADRA DEL BUON COSTUME e non ce lo saremmo persi per niente al mondo.

Entusiasta dell’accaduto, raccontai il fatto ai miei amici e volli pagare loro il biglietto del cinema.
Non solo: usciti dal film, andammo alla Pizzeria Di Cosmo in via G. Modugno e offrii loro un panzerotto fritto e una coca-cola…
Era il minimo, pensai… non li avrei più rivisti, poiché sarei stato impegnato, in giro per il mondo…

Finalmente tornai a casa e i miei genitori mi comunicarono che il grande Paolo Valenti, dalla sua trasmissione “90° MINUTO” aveva annunciato che le quote dei 13 erano piuttosto popolari: in tutta Italia c’erano state 58.392 vincite con 13 punti, per un valore di circa 12.700 lire cadauna

ADDIO SOGNI DI GLORIA…

L’indomani, tristissimo, andai a scuola e, alla terza ora, la prof di italiano ci fece svolgere un tema dal titolo “RACCONTA COME HAI TRASCORSO LA TUA GIORNATA DI FESTA…

OLTRE IL DANNO ANCHE LA BEFFA…



[1] L’equivalente del Premio Oscar per la musica.
[2] Questo cinema è in realtà una saletta attigua alla Parrocchia del Santissimo Sacramento, meglio conosciuta dai baresi come la CHIESA DI DON FIORE, dal nome dello storico parroco che la condusse per molti anni. Curioso come trasmettesse, però, film vietati ai minori di 14 anni...