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N.B.: i miei racconti possono contenere parole in dialetto o in forma dialettale barese: NIENTE PAURA... alla pagina 777 ci sono i sottotitoli... (*◕‿◕*)
La storie che leggerete sono liberamente e parzialmente ispirate a fatti realmente accaduti.
I riferimenti a personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono essere frutto della mia fantasia e di esigenze e finalità artistico/narrative.

domenica 29 gennaio 2012

LE POPIZZE

(primo episodio della fiction UN AMORE GRANDE COSI’)

Quella mattina VITUCCIO era piuttosto inquieto: passeggiava nervosamente nel soggiorno di casa, aveva già piegato[1] due birre da 3/4 e stava andando nel freezer a prendere la terza...
<<MOCC A SSORD sono finite.>>, imprecò...

Subito afferrò il telefono. Si rese conto che glielo avevano staccato e allora si affacciò fuori dal sottano[2] di Bari Vecchia (Strada del Carmine) e intravide una figura a lui familiare:
<<PIERINOOOOOOO, portimi due casse di birre... veloce![3]>>

Pierino della birra era già davanti a lui, pronto a consegnargliele.
Quando questi fece la mossa di tendere la mano per essere pagato, Vituccio lo mandò a quel paese e gli disse di segnare sul libro-cassa dei copponi[4] della cantina.

Dopo aver risolto questo problema, ecco che se ne presentò subito un altro:
<<UFF… e ci è stamatine?[5]>>
Il problema era parecchio grave... non sapeva cosa indossare quando sarebbe andato da Lei, la sua amata NANNINA.

Aprì l'armadio e pensò:
<<Mi metto l'abito grigio chiaro della comunione, con camicia bianca e papillon nero? NO TROPPO COZZALO![6]>> <<Allora forse è meglio i jeans neri con le toppe verdi fosforescenti alle ginocchia? NO TROPPO DA TOPINO.>>

Quando stava x perdere le staffe si accorse di un completo cui teneva molto e che... ne era sicuro... sarebbe piaciuto tanto anche a Nannina: UN'ELEGANTISSIMA TUTA ACETATA ROSSO FOSFORESCENTE DELLA FERRARI, CHE AVEVA AVUTO IN OMAGGIO DA FELIPE MASSA.

Ora si trattava di far ulteriormente colpo su di lei: ma come?
Gli venne in mente un'idea. Chiamò subito il suo fraterno amico:
<<MINGUCCIOOOO... portimi a lavare L'APECAR... muvete![7]>>

Già il suo mitico APECAR... quante battaglie...
Quante corse con la polizia alle calcagna... sempre regolarmente seminati!

L'APECAR era giallo ocra con un grande ASSO DI BASTONI sul fronte, la scritta CHI MI INVIDIA CREPA sul top del parabrezza, una grossa marmitta in stile “camion del Nord America” ma, soprattutto, nell’abitacolo, una serie di corni appesi, contro il malocchio.
Vituccio era leggermente scaramantico... ma GUAI A FARGLIELO NOTARE.

Quando Minguccio tornò dalla sua commissione, con l'APECAR tirato a lucido, restava l'ultimo dubbio, prima della grande partenza verso il castello della sua amata:
<<CHE COSA CI PORTO? IL BAR REX[8] STA PURE CHIUSO.>>

Allora il nostro eroe, indossata la sua acetata rossa, rigorosamente aperta fino all'ombelico, varcò la soglia del sottano e inizio a camminare lungo la strada.

Tutti quanti ammiravano la sua tuta ma soprattutto la saracolla[9] d'oro 25k che portava al collo, terminante con una CapadiGesù pesante circa 2 Kg...

L'apertura della giacca, poi, mostrava chiaramente solo uno dei suoi 37 tatuaggi sparsi su tutto il corpo...

Vi era raffigurato il carcere di Bari con sotto la scritta MAMMA PERDONAMI.

Mentre Vituccio era già arrivato a percorrere parecchi metri, in prossimità di piazza San Pietro (nei pressi del Monastero di S. Scolastica), intravide finalmente la donna che gli avrebbe risolto l'ultimo problema della mattinata: FINELLA, la Regina della Popizze e delle Sgagliozze[10].

Lei, seduta, tutta vestita di nero, con i lunghi capelli bianchi raccolti in un tuppo[11], gli chiese:
<<Ciù uè?[12]>>
<<Finella, fammi 3 kg di sgagliozze e 2 kg di popizze... e segna mi raccomando>>

E così, felice per aver trovato il giusto regalo con cui presentarsi dalla sua amata, Vituccio tornò a casa, entrò nel suo luccicante APECAR, salutato da un'ovazione della folla e partì, sgommando, alla volta di Parchitello[13].

Cosa succederà nel prossimo episodio?

TO BE CONTINUED

[1] consumato
[2] Basso (locale adibito sia come abitazione e sia come deposito, situato nei centri storici)

[3] Non è un errore di grammatica: nella forma dialettale barese l’imperativo PORTAMI diventa PORTIMI
[4] debiti
[5] Forma dialettale barese che significa: <<Uffa… e cos’è stamattina?>>
[6] tamarro
[7] sbrigati
[8] Importante bar della città, situato in Corso Vittorio Emanuele
[9] Grossa collana
[10] Finella, la Regina delle Pettole e dei quadratini di polenta fritti (ottimi…)
[11] Chignon (particolare acconciatura tipicamente femminile)
[12] <<Cosa desideri?>>
[13] Zona residenziale periferica barese a ridosso del comune di Noicattaro (BA)

lunedì 23 gennaio 2012

GRANDI MANOVRE

<<Hai voluto la divisa? E adesso… POMPA>>

<<A Cé... me devi d’aiutà… stavorta me sò messo dentro a certi impicci...>>

E’ quanto dissi al mio caro amico CESARE PROIETTI[1] da Roma, Sottotenente dell’Esercito, di stanza ad Avellino, nella Caserma “G. Berardi”, dimostrandogli, fra l’altro, che stavo facendo progressi con il dialetto romanesco.

Era il lontano 1990 e prestavo Servizio di Leva presso la caserma in questione. Avevo conosciuto tanta gente con la quale avevo legato, in particolare un ragazzo di un paio d’anni più grande, che aveva deciso di fare il militare come Ufficiale, fermandosi, quindi, un mese in più rispetto a noi comuni “reclute”.

Eravamo subito entrati in sintonia, poiché mi diceva che gli ricordavo un suo caro amico pugliese, conosciuto qualche anno prima, in un villaggio turistico di Costa Merlata (BR), dal quale aveva persino imparato un discreto dialetto.

Non era uno di quei noiosi ufficiali tutti d’un pezzo cui dovevi innanzitutto metterti sugli attenti e dire:<<COMANDI>>, prima di poter rivolgere loro la parola… tutt’altro… era un ragazzo socievole, laureato in scienze politiche, figlio di un artigiano e aveva tre fratelli. 
Oltre al sorriso sempre stampato sul viso.

Avevamo creato con altri due “compari”, MICHELE AMBROSONE da Solofra (AV) e PRISCO (detto CARMINE) GUERRIERO da Nocera Inferiore (SA), un quartetto molto affiatato, nonostante la gerarchia militare, la differenza di cultura, ecc.

Uscivamo sempre insieme dalla caserma, ma un pomeriggio, mentre loro erano in un bar, intenti a giocare una schedina del Totocalcio, conobbi una ragazza di Avellino che faceva parte della Polizia Municipale. Era una Vigile Scelta, spesso in servizio presso la Villa Comunale.

Da quel giorno, cominciai a frequentarla, scegliendo di non uscire con i miei commilitoni, soprattutto quando mi accorgevo della sua presenza, nel parco.

Siccome MARY la Vigilessa era molto attratta dalle divise, per tentare di far colpo su di lei, le dissi che ero un Tenente dell’Esercito, trasferito da qualche giorno da Bari. Credeva a tutti gli episodi che le raccontavo, circa il mio grado, nonostante uscissi sempre in borghese.

Un’altra conferma, la ebbe quando, per strada, incrociai casualmente il Tenente Proietti, che mi salutò amichevolmente. Risposi al suo saluto: <<Ciao Collega>>.
Cesare rimase un po’ stupito, ma inconsapevolmente mi tenne il gioco, interpretando quel mio gesto come un saluto fra colleghi… militari.

Un giorno, di lunedì, Mary mi chiese se fossi stato disponibile, la domenica successiva ad accompagnarla a trovare delle sue amiche. Tutto contento, le risposi di sì, considerando che di domenica, la libera uscita cominciava dal mattino alle nove: avremmo avuto più tempo per stare insieme.

Mi pose, però, una strana condizione: non avrebbe respinto la mia corte, qualora mi fossi presentato in divisa. In quel modo mi avrebbe presentato alle sue amiche, come il suo nuovo fidanzato…

Oddio… e ora come si fa?

Per qualche giorno i miei compagni s’interrogarono sul motivo della mia reticenza a voler uscire dalla caserma. Un pomeriggio, verso le 15, Michele e Carmine si presentarono nella mia camerata, marciando come fossero alla Festa delle Forze Armate e comandati da Cesare il Tenente…

(Io): <<CHE SUCCEDE?>>

(Tenente): <<FANTE ROMITO… TI ORDINO DI SPIEGARCI LE RAGIONI DEL TUO MALESSERE>>

In breve, informai i miei tre amici e loro (Michele e Carmine), senza perdersi d’animo, sentenziarono:

<<Le hai detto che sei un Tenente e Tenente sarai… Cesare ti presterà la sua divisa>>, lasciando di stucco il povero ufficiale che non si aspettava questa soluzione…

Cesare sulle prime provò a respingere quella proposta, ma quasi subito decise che l’idea non era per niente strampalata, appena seppe che Mary aveva tre amiche molto carine.
Egli infatti pensò che il suo Sacrificio sarebbe servito per una GIUSTA CAUSA…
E poi avevamo la stessa corporatura…

La domenica mattina, quindi, uscii dalla mia camerata con la divisa da Ufficiale e il basco calato sugli occhi.
Essendo una caserma piuttosto grande, moltissimi militari presenti non mi conoscevano e si ponevano sugli attenti al mio passaggio…

(Io): <<COMODI, COMODI>>

Il problema più grande era attraversare il piazzale senza incrociare alcun ufficiale e arrivare al cancello di uscita, sperando di trovare solo il militare di guardia e non l’Ufficiale di picchetto: in tal caso sia il sottoscritto sia il buon Cesare, sarebbero finiti dritti davanti al Tribunale Militare…

Furono attimi interminabili… il passo era sempre più accelerato… improvvisamente:

<<SCUSI SIGNOR TENENTE…>>

Rimasi pietrificato, ma appena mi voltai, con grande sollievo, notai che erano quei buontemponi di Michele e Carmine. Avevo dimenticato di attaccare una mostrina alla divisa e loro me la stavano gentilmente consegnando…

Uscii senza nuovi pericoli dalla caserma, salutato con tutti gli onori dai militari presenti in guardiola e fuori c’era Mary che mi aspettava e che vide tutta la scena del saluto… UN TRIONFO

Fu una domenica speciale, trascorsa assieme alle sue amiche (fra l’invidia dei miei commilitoni). Durante la giornata, la ragazza cedette alla mia corte assidua e garbata (forse grazie anche alla divisa? Mah!)

Nel corso della passeggiata sul corso principale, incrociammo diversi soldati e tutti mi fecero il classico saluto militare.

A casa di una delle ragazze, poi, successe un fatto curioso: in caserma, molto spesso a mensa, era presente un piatto che per moltissimo tempo dopo, ho sempre rifiutato di mangiare ossia i FUSILLI ALLA BOSCAIOLA.

Ebbene quel giorno a pranzo mangiai ancora una volta quel maledetto primo piatto, mentendo spudoratamente alla padrona di casa e facendole numerosi complimenti, dicendole che nemmeno mia madre sapeva cucinare così bene e che noi in caserma, ci sognavamo di mangiare un piatto di siffatta squisitezza.

Al termine congedai le donzelle, con la promessa di un successivo incontro (stavolta anche con gli altri: altrimenti ADDIO DIVISA).

L’appuntamento con i tre amici era fissato alle 21.30 nel solito bar: lì, io e Cesare (uscito in borghese, con i miei abiti) ci saremmo scambiati i vestiti.

La proprietaria del locale ci guardò sbalordita, vedendoci entrare insieme in bagno e ci fissò ancora più incredula, quando ci vide uscire con gli abiti cambiati… Per evitare equivoci e pettegolezzi, le raccontammo tutta la storia, facendola sorridere bonariamente come farebbe una mamma e meritandoci una tirata d’orecchi ma anche una birra offerta dalla casa…

Ma non finisce qui…

Nei successivi incontri (in borghese), avevo rivisto Mary con due amiche soltanto e, casualmente, con me c’erano Michele e Carmine… Cesare era tornato a Roma per una breve licenza, ma poi aveva saputo di questo incontro a sei e non l’aveva presa benissimo…
 
Qualche giorno dopo, Cesare aveva saputo dal Colonnello che la nostra Compagnia sarebbe partita per circa sette giorni di Addestramento militare: LE GRANDI MANOVRE

Fu una settimana per certi versi bellissima e per altri un po’ meno, poiché non avrei potuto rivedere la mia vigilessa…

Un pomeriggio ci fu comunicato da un severo e antipatico Capitano che alcuni di noi avrebbero effettuato i TIRI NOTTURNI, ossia avrebbero sparato di notte, in un poligono militare, con delle pallottole traccianti (luminose). Gli altri sarebbero stati dislocati a guardia del perimetro del comprensorio, impedendo a chiunque (DI NOTTE?) di transitare in zona…

Cesare, ricordandosi di non aver preso parte a quell’incontro con le ragazze, suggerì al Capitano che io, Michele e Carmine dovessimo fare i PIANTONI… Fummo caricati su un autocarro militare e fatti scendere in aperta campagna, a una distanza di trecento metri circa, uno dall’altro.
Per fortuna eravamo armati di baionetta (!) e radio ricetrasmittente: un freddo micidiale e il vento, con la sua furia, amplificava qualsiasi rumore…

Ogni tanto ci tenevamo in contatto, ma soprattutto lo facevamo per darci coraggio. Poi a un certo punto, sentii parlare, per radio, Michele e Carmine e ridacchiare…

(Io): <<Ehi, che state facendo?>>
(Carmine):<<Vito, c’è un campo di finocchi… ho chiamato Michele… adesso arriva, li raccogliamo e ti raggiungiamo… e ci facciamo una bella mangiata… ahahahah>>

Non ebbi modo di replicare, poiché voltando casualmente lo sguardo verso la mia sinistra, vidi passare un branco di cani randagi: erano almeno una decina…

Paralizzato dalla paura, l’unica mossa logica che mi venne in mente fu quella di buttarmi per terra, nascondendomi fra i cespugli. In questo modo vidi passare quegli “ospiti” inattesi che, sicuramente non avrei fermato, come da ordini ricevuti…

Per fortuna non si accorsero della mia presenza ma vi assicuro che se, in quel momento, qualche medico mi avesse misurato la pressione sanguigna, mi avrebbe certamente fatto ricoverare…

Informai del pericolo i miei due “complici”, che mi raggiunsero dopo poco, con i loro elmetti pieni di finocchi: passato lo spavento, ci sedemmo e, a quel punto, iniziammo la nostra inaspettata cena, incuranti degli ordini e ironizzando sui nostri commilitoni intenti a sparare, quando

Una pattuglia di ronda ci sorprese e informò il Capitano. L’indomani mattina, nel lasciare il campo e il comando delle operazioni, ordinò a Cesare (il Tenente) di punirci severamente…

Noi ridevamo di nascosto, sapendo dell’amicizia con l’Ufficiale, ma lui approfittò di quella circostanza e si divertì: tre giorni di corvè cucina[2] per tutti e tre: in più tre serie (da venti) di flessioni, prima e dopo i tre pasti principali…

Al mio tentativo di spiegazioni, lui con il suo abituale sorriso, mi ricordò dell’incontro con le ragazze, avvenuto in sua assenza e rispose:

<<Hai voluto la divisa? E adesso… POMPA>>

E tutto finì con una risata generale e la promessa di farle conoscere la terza amica di Mary, la Vigilessa.


[1] Nome di fantasia, come pure tutti gli altri presenti nel racconto
[2] Lavaggio piatti e stoviglie in genere

lunedì 16 gennaio 2012

COSA NON SI FA PER AMORE?

(Siamo un popolo di Raccomandati)

Torno per un attimo sulla questione legata alla storiella del Barbiere di Siviglia, per raccontarvi che l’origine della mia capigliatura riccioluta si deve senza dubbio a mia madre, ma soprattutto a mio nonno materno.

Questi era uno dei più rinomati Noleggiatori di auto per matrimoni (mestiere in voga almeno fino ai primi anni ‘80). Il suo nome era GIUSEPPE, ma per tutti gli abitanti della città vecchia di Bari era conosciuto come PEPPINE CAPILL’E RICCIE, per via della sua folta chioma nera (poi diventata brizzolata e poi bianca).

Mio nonno possedeva le più eleganti e potenti autovetture del momento e ogni giorno, diverse coppie di futuri sposi, con genitori al seguito, facevano la coda per accaparrarsi la macchina migliore che li accompagnasse dapprima in chiesa e poi fino alla sala ricevimenti.

Mercedes, Jaguar, Rolls-Royce, varie auto scoperte americane e via via anche auto secondarie che, però, avevano il compito di accompagnare i genitori degli sposi e i loro parenti, per quel giorno indimenticabile.

Spesso le sue auto erano utilizzate anche per accompagnare un importante uomo politico pugliese nei vari spostamenti legati alle campagne elettorali.

Accadeva, quindi, che d’estate soprattutto ma anche di domenica mattina, io fossi sempre lì in garage a fantasticare di guidare una di quelle fuoriserie e di essere anch’io uno di quegli autisti cui mio nonno si rivolgeva per formare il corteo nuziale.

E col passare degli anni, egli mi promuoveva da Lavatore di pneumatici a Lavatore di carrozzeria, poi Lavatore scelto fino a Segretario e, ancora, Addetto alle pubbliche relazioni

Siccome il garage si trovava a pochi passi dalla Questura Centrale, molti poliziotti e funzionari, lasciavano in custodia le loro auto, chiedendo di poterle trovare pulite: quindi insieme ai miei zii, ci davamo da fare per lavarle con i migliori prodotti.

La riconsegna delle chiavi era, naturalmente effettuata dal sottoscritto, poiché i suddetti poliziotti erano piuttosto generosi con le mance…

La stessa cosa riguardava anche il Comando della Polizia Urbana (all’epoca situato in Largo Chiurlia, nel centro storico e a due passi da Corso Vittorio Emanuele): quindi ero abbastanza conosciuto da Polizia e Vigili Urbani…

Tornando agli autisti: questi, generalmente pensionati ma non solo, erano amici di mio nonno, ben contenti di prestare la loro “opera[1], sapendo che, oltre alla “ricompensa” pattuita, avrebbero ricevuto laute mance dalla gente che accompagnavano al ristorante.

Uno degli autisti più fedeli a mio nonno era un certo VINCENZO, un apprezzato netturbino che arrotondava il suo stipendio con le mance appena descritte. Erano amici di vecchia data, che spesso litigavano per le loro avverse posizioni politiche, ma erano accomunati dalla stessa fede calcistica juventina.

Vincenzo era soprannominato NEGUS sia dalla sua famiglia (poiché gelosissimo delle sue figlie) e sia dagli altri autisti. Come si sa il NEGUS era un titolo nobiliare etiope che nella lingua amarica vuol dire RE DEI RE, ossia IMPERATORE.

Per noi baresi DOC che abbiamo l’abitudine di stravolgere i nomi, cambiando loro il posto degli accenti (per esempio: Upim si trasforma in Upìm, il Caffè Saicaf diventa il Caffè Saicàf che si trova in Corso Càvour e non in Corso Cavoùr, ecc.), Vincenzo detto Nègus, in realtà era Vincenzo detto Negùs.

Negùs aveva tre figlie molto belle che però non faceva mai uscire: con loro si comportava veramente come un dittatore. E loro, naturalmente, invece, lo beffavano sistematicamente.

Nei miei confronti, Vincenzo era particolarmente gentile e protettivo e pure ben disposto a farmi incontrare sua figlia maggiore che si chiamava MARIA detta Mariella. Anzi, più di una volta aveva confidato a mio padre, che vedeva di buon occhio la frequentazione di Mariella nella nostra comitiva, per via della mia presenza.

Una domenica mattina avevo appuntamento con Mariella: ero vestito di tutto punto e avevo tirato a lucido il mio ciclomotore Piaggio CIAO, regolarmente “preparato” da Ciccille u Gnore, celeberrimo meccanico della città vecchia, che raggiungeva la ragguardevole velocità di 85 Km/h (ma che consumava un pieno dal mattino fino a sera)…

Nella quasi certezza di fare colpo su di lei, qualche giorno prima le dissi che le avrei fatto guidare il mio “bolide” (che aveva un comodo sellone per due posti).
Il guaio era che sui ciclomotori non si poteva andare in due: ma io, in un certo senso, non mi fidavo della sua guida e non sapevo come dirglielo.

Quella domenica mattina era bellissima come il sole ma non era sola: infatti si era fatta accompagnare, da una sua amica, che però, di lì a poco se ne sarebbe andata. Soltanto che le aveva chiesto la cortesia di essere accompagnata in via F. Crispi[2].

Un po’ a malincuore acconsentii ad accompagnare l’amichetta, purché si fosse tolta rapidamente di mezzo, però dissi che in tre avrei guidato io.

Per fare in modo che la sua amica togliesse prima possibile il disturbo, senza pensarci, imboccai Corso Vittorio Emanuele, dimenticando che il Sindaco del tempo aveva emanato un’ordinanza che vietava il transito di cicli e motocicli, su una delle più eleganti strade della città…

Immediatamente incrociammo un posto di blocco della Polizia Urbana:

<<Madò e adesso?>> pensai senza parlare, immaginando la grossa multa che mi avrebbe inflitto e al sicuro sequestro del motore, peraltro pesantemente truccato, insieme agli immancabili rimproveri di mio padre.

<<Voi non parlate, state zitte e lasciate fare a me>> furono le uniche parole che riuscii a pronunciare, fingendo sicurezza e rivolgendomi alle due ragazze impaurite.

Dopo aver mostrato i documenti, mi rivolsi al vigile, allontanandolo dal motore e facendo in modo che le due ragazze non potessero ascoltare quello che gli avrei detto. Il vigile, incredulo, mi seguì ed io, voltandomi verso le ragazze, feci loro un cenno rassicurante del tipo <<ADESSO CI PENSO IO>>…

(IO): <<Marescià…, per favore… non mi fate niente… io le stavo solo accompagnando alla mia fidanzata e alla sua amica… e poi lo sapete a chi appartengo?>>

Il vigile, che non era Maresciallo, si rivolse sorridendo al vero Sottufficiale e disse:

<<Marescià…, avete capito chi abbiamo fermato stamattina? UNA COPPIA VIP>>

Una coppia vip? Non riuscivo a capire le parole e le risate del vigile, ma mi sembrava che la cosa stesse prendendo un buon esito.

 <<Questi signori sono rispettivamente il nipote di Peppine Capill’e riccie e la figlia di Negùs>>

Non potevo saperlo, ma il vigile conosceva mio nonno per essere stato accompagnato, qualche settimana prima, da una delle auto nuziali super lusso, nel giorno del suo matrimonio e, contemporaneamente, Negùs era stato l'autista della Rolls-Royce noleggiata. Da quel momento erano diventati molto amici…

Per questa ragione, fece in modo di non elevarmi alcuna contravvenzione, ma naturalmente mi disse che sul ciclomotore potevo andarci solo io e non certamente sul corso…

Meno male… Grazie alle nostre rispettive raccomandazioni, quel grosso spavento fu subito dimenticato con uno splendido gelato, gustato rigorosamente A PIEDI e sotto lo sguardo benevolo della pattuglia della Polizia Urbana.

[1] Il loro compito consisteva nell’accompagnare i parenti degli sposi in chiesa e poi fino al ristorante.
[2] Figurarsi: eravamo sul lungomare e, per raggiungere via Crispi, bastava percorrere al massimo 500 metri a piedi. Una bella passeggiatina a piedi, no?

giovedì 12 gennaio 2012

IL BARBIERE DI SIVIGLIA

(Ognuno ha il suo trauma infantile…)

E' sempre stato così... fin da bambino... non ci posso fare niente...

A me non piace assolutamente andare dal barbiere...

Ci sono quelli che ci vanno ogni settimana, anche solo per farsi sistemare le basette...

Per carità… Pinuccio detto FASULO da Bari è il miglior barbiere del mondo... non lo cambierei con nessuno... Beninteso

Manco con quello che ho incontrato l'altro giorno a Siviglia...
Il mitico Josè da Siviglia (iiiihhhh... guarda caso... hanno lo stesso nome)... il celeberrimo Barbiere di Siviglia...

Però ogni volta che da bambino mia madre ordinava a mio padre di portarmi dal barbiere, io...

 
1) Mi ammalavo;
2) avevo tanto da studiare (quando mai!);
3) dicevo a mio padre di andare a lavare la macchina nostra (la mitica SIMCA 1000 celeste... erede dell'altrettanto celebre MINI MINOR caffellatte con tettuccio marrone[1]);
4) andavo in bagno, mi lavavo i capelli e me li "stiravo" con il phon, uscendo solo quando potevo fare concorrenza a Nino D'Angelo prima maniera (chi se lo ricorda?)...


Mi convincevo solo quando pensavo all'idea che BELFAGOR[2] sarebbe stata triste per un po', non potendomi accarezzare i riccioli[3]... zàh (a lei)!

E così mi è rimasto questo trauma...

Devo ammettere, però, che ora era proprio arrivato il momento giusto...
Eh si... sembravo un incrocio tra Riccardo Cocciante e Christian...







Ancora un po' e Angelo Branduardi mi avrebbe contattato per entrare nel suo club, composto, tra gli altri, da Giovanni Allevi e Simone Cristicchi...





Quindi ho sacrificato i miei ricciolini... ora sembro... avete presente un mix tra Richard Gere e Tom Cruise? Beh... dimenticatevelo!...
Più che altro un incrocio fra Zapatero e Mister Bean...

Già vi vedo mentre ridacchiate e vi date di gomito... ANTIPATICI... prima o poi toccherà anche a voi...

La cosa che non sopporto poi è quella che alcuni fanno finta di niente (come se non si vede uno appena uscito dal barbiere)...

altri invece... la prima cosa: <<OOOOHHH... TI SI' FATTE LA CAPA NOVE?[4]>> e ridono...
ma che c'avranno da ridere????

Se solo sapessero che io, ogni volta che esco dal barbiere, guardandomi allo specchio a ogni portone, mi faccio da solo le smorfie e non mi trovo mai bello, capirebbero il dramma...

Madò... e quelli che dicono:<<BEH... SI... CI VOLEVA!>>? Giuro... se potessi li strozzerei (mia madre)...

Perciò, in attesa di rivedere una bella caparezza, mi scuso con tutti coloro che stanno leggendo...

Tanti cari saluti dal vostro UCCELLINO SPELACCHIATO...


[1] Citata nel racconto L’ULTIMO TRAGUARDO
[2] Personaggio già presente in altre avventure e vicina di casa, segretamente (ma non tanto) innamorata del sottoscritto
[3] Situazione descritta nella storiella UN BEL GELATO AL LIMONE? NI’…
[4] <<Oh, sei stato dal barbiere? Ti sei fatto la testa nuova?>> (traduzione letterale dal dialetto barese)