BENVENUTI NEL MIO BLOG

N.B.: i miei racconti possono contenere parole in dialetto o in forma dialettale barese: NIENTE PAURA... alla pagina 777 ci sono i sottotitoli... (*◕‿◕*)
La storie che leggerete sono liberamente e parzialmente ispirate a fatti realmente accaduti.
I riferimenti a personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono essere frutto della mia fantasia e di esigenze e finalità artistico/narrative.

lunedì 23 gennaio 2012

GRANDI MANOVRE

<<Hai voluto la divisa? E adesso… POMPA>>

<<A Cé... me devi d’aiutà… stavorta me sò messo dentro a certi impicci...>>

E’ quanto dissi al mio caro amico CESARE PROIETTI[1] da Roma, Sottotenente dell’Esercito, di stanza ad Avellino, nella Caserma “G. Berardi”, dimostrandogli, fra l’altro, che stavo facendo progressi con il dialetto romanesco.

Era il lontano 1990 e prestavo Servizio di Leva presso la caserma in questione. Avevo conosciuto tanta gente con la quale avevo legato, in particolare un ragazzo di un paio d’anni più grande, che aveva deciso di fare il militare come Ufficiale, fermandosi, quindi, un mese in più rispetto a noi comuni “reclute”.

Eravamo subito entrati in sintonia, poiché mi diceva che gli ricordavo un suo caro amico pugliese, conosciuto qualche anno prima, in un villaggio turistico di Costa Merlata (BR), dal quale aveva persino imparato un discreto dialetto.

Non era uno di quei noiosi ufficiali tutti d’un pezzo cui dovevi innanzitutto metterti sugli attenti e dire:<<COMANDI>>, prima di poter rivolgere loro la parola… tutt’altro… era un ragazzo socievole, laureato in scienze politiche, figlio di un artigiano e aveva tre fratelli. 
Oltre al sorriso sempre stampato sul viso.

Avevamo creato con altri due “compari”, MICHELE AMBROSONE da Solofra (AV) e PRISCO (detto CARMINE) GUERRIERO da Nocera Inferiore (SA), un quartetto molto affiatato, nonostante la gerarchia militare, la differenza di cultura, ecc.

Uscivamo sempre insieme dalla caserma, ma un pomeriggio, mentre loro erano in un bar, intenti a giocare una schedina del Totocalcio, conobbi una ragazza di Avellino che faceva parte della Polizia Municipale. Era una Vigile Scelta, spesso in servizio presso la Villa Comunale.

Da quel giorno, cominciai a frequentarla, scegliendo di non uscire con i miei commilitoni, soprattutto quando mi accorgevo della sua presenza, nel parco.

Siccome MARY la Vigilessa era molto attratta dalle divise, per tentare di far colpo su di lei, le dissi che ero un Tenente dell’Esercito, trasferito da qualche giorno da Bari. Credeva a tutti gli episodi che le raccontavo, circa il mio grado, nonostante uscissi sempre in borghese.

Un’altra conferma, la ebbe quando, per strada, incrociai casualmente il Tenente Proietti, che mi salutò amichevolmente. Risposi al suo saluto: <<Ciao Collega>>.
Cesare rimase un po’ stupito, ma inconsapevolmente mi tenne il gioco, interpretando quel mio gesto come un saluto fra colleghi… militari.

Un giorno, di lunedì, Mary mi chiese se fossi stato disponibile, la domenica successiva ad accompagnarla a trovare delle sue amiche. Tutto contento, le risposi di sì, considerando che di domenica, la libera uscita cominciava dal mattino alle nove: avremmo avuto più tempo per stare insieme.

Mi pose, però, una strana condizione: non avrebbe respinto la mia corte, qualora mi fossi presentato in divisa. In quel modo mi avrebbe presentato alle sue amiche, come il suo nuovo fidanzato…

Oddio… e ora come si fa?

Per qualche giorno i miei compagni s’interrogarono sul motivo della mia reticenza a voler uscire dalla caserma. Un pomeriggio, verso le 15, Michele e Carmine si presentarono nella mia camerata, marciando come fossero alla Festa delle Forze Armate e comandati da Cesare il Tenente…

(Io): <<CHE SUCCEDE?>>

(Tenente): <<FANTE ROMITO… TI ORDINO DI SPIEGARCI LE RAGIONI DEL TUO MALESSERE>>

In breve, informai i miei tre amici e loro (Michele e Carmine), senza perdersi d’animo, sentenziarono:

<<Le hai detto che sei un Tenente e Tenente sarai… Cesare ti presterà la sua divisa>>, lasciando di stucco il povero ufficiale che non si aspettava questa soluzione…

Cesare sulle prime provò a respingere quella proposta, ma quasi subito decise che l’idea non era per niente strampalata, appena seppe che Mary aveva tre amiche molto carine.
Egli infatti pensò che il suo Sacrificio sarebbe servito per una GIUSTA CAUSA…
E poi avevamo la stessa corporatura…

La domenica mattina, quindi, uscii dalla mia camerata con la divisa da Ufficiale e il basco calato sugli occhi.
Essendo una caserma piuttosto grande, moltissimi militari presenti non mi conoscevano e si ponevano sugli attenti al mio passaggio…

(Io): <<COMODI, COMODI>>

Il problema più grande era attraversare il piazzale senza incrociare alcun ufficiale e arrivare al cancello di uscita, sperando di trovare solo il militare di guardia e non l’Ufficiale di picchetto: in tal caso sia il sottoscritto sia il buon Cesare, sarebbero finiti dritti davanti al Tribunale Militare…

Furono attimi interminabili… il passo era sempre più accelerato… improvvisamente:

<<SCUSI SIGNOR TENENTE…>>

Rimasi pietrificato, ma appena mi voltai, con grande sollievo, notai che erano quei buontemponi di Michele e Carmine. Avevo dimenticato di attaccare una mostrina alla divisa e loro me la stavano gentilmente consegnando…

Uscii senza nuovi pericoli dalla caserma, salutato con tutti gli onori dai militari presenti in guardiola e fuori c’era Mary che mi aspettava e che vide tutta la scena del saluto… UN TRIONFO

Fu una domenica speciale, trascorsa assieme alle sue amiche (fra l’invidia dei miei commilitoni). Durante la giornata, la ragazza cedette alla mia corte assidua e garbata (forse grazie anche alla divisa? Mah!)

Nel corso della passeggiata sul corso principale, incrociammo diversi soldati e tutti mi fecero il classico saluto militare.

A casa di una delle ragazze, poi, successe un fatto curioso: in caserma, molto spesso a mensa, era presente un piatto che per moltissimo tempo dopo, ho sempre rifiutato di mangiare ossia i FUSILLI ALLA BOSCAIOLA.

Ebbene quel giorno a pranzo mangiai ancora una volta quel maledetto primo piatto, mentendo spudoratamente alla padrona di casa e facendole numerosi complimenti, dicendole che nemmeno mia madre sapeva cucinare così bene e che noi in caserma, ci sognavamo di mangiare un piatto di siffatta squisitezza.

Al termine congedai le donzelle, con la promessa di un successivo incontro (stavolta anche con gli altri: altrimenti ADDIO DIVISA).

L’appuntamento con i tre amici era fissato alle 21.30 nel solito bar: lì, io e Cesare (uscito in borghese, con i miei abiti) ci saremmo scambiati i vestiti.

La proprietaria del locale ci guardò sbalordita, vedendoci entrare insieme in bagno e ci fissò ancora più incredula, quando ci vide uscire con gli abiti cambiati… Per evitare equivoci e pettegolezzi, le raccontammo tutta la storia, facendola sorridere bonariamente come farebbe una mamma e meritandoci una tirata d’orecchi ma anche una birra offerta dalla casa…

Ma non finisce qui…

Nei successivi incontri (in borghese), avevo rivisto Mary con due amiche soltanto e, casualmente, con me c’erano Michele e Carmine… Cesare era tornato a Roma per una breve licenza, ma poi aveva saputo di questo incontro a sei e non l’aveva presa benissimo…
 
Qualche giorno dopo, Cesare aveva saputo dal Colonnello che la nostra Compagnia sarebbe partita per circa sette giorni di Addestramento militare: LE GRANDI MANOVRE

Fu una settimana per certi versi bellissima e per altri un po’ meno, poiché non avrei potuto rivedere la mia vigilessa…

Un pomeriggio ci fu comunicato da un severo e antipatico Capitano che alcuni di noi avrebbero effettuato i TIRI NOTTURNI, ossia avrebbero sparato di notte, in un poligono militare, con delle pallottole traccianti (luminose). Gli altri sarebbero stati dislocati a guardia del perimetro del comprensorio, impedendo a chiunque (DI NOTTE?) di transitare in zona…

Cesare, ricordandosi di non aver preso parte a quell’incontro con le ragazze, suggerì al Capitano che io, Michele e Carmine dovessimo fare i PIANTONI… Fummo caricati su un autocarro militare e fatti scendere in aperta campagna, a una distanza di trecento metri circa, uno dall’altro.
Per fortuna eravamo armati di baionetta (!) e radio ricetrasmittente: un freddo micidiale e il vento, con la sua furia, amplificava qualsiasi rumore…

Ogni tanto ci tenevamo in contatto, ma soprattutto lo facevamo per darci coraggio. Poi a un certo punto, sentii parlare, per radio, Michele e Carmine e ridacchiare…

(Io): <<Ehi, che state facendo?>>
(Carmine):<<Vito, c’è un campo di finocchi… ho chiamato Michele… adesso arriva, li raccogliamo e ti raggiungiamo… e ci facciamo una bella mangiata… ahahahah>>

Non ebbi modo di replicare, poiché voltando casualmente lo sguardo verso la mia sinistra, vidi passare un branco di cani randagi: erano almeno una decina…

Paralizzato dalla paura, l’unica mossa logica che mi venne in mente fu quella di buttarmi per terra, nascondendomi fra i cespugli. In questo modo vidi passare quegli “ospiti” inattesi che, sicuramente non avrei fermato, come da ordini ricevuti…

Per fortuna non si accorsero della mia presenza ma vi assicuro che se, in quel momento, qualche medico mi avesse misurato la pressione sanguigna, mi avrebbe certamente fatto ricoverare…

Informai del pericolo i miei due “complici”, che mi raggiunsero dopo poco, con i loro elmetti pieni di finocchi: passato lo spavento, ci sedemmo e, a quel punto, iniziammo la nostra inaspettata cena, incuranti degli ordini e ironizzando sui nostri commilitoni intenti a sparare, quando

Una pattuglia di ronda ci sorprese e informò il Capitano. L’indomani mattina, nel lasciare il campo e il comando delle operazioni, ordinò a Cesare (il Tenente) di punirci severamente…

Noi ridevamo di nascosto, sapendo dell’amicizia con l’Ufficiale, ma lui approfittò di quella circostanza e si divertì: tre giorni di corvè cucina[2] per tutti e tre: in più tre serie (da venti) di flessioni, prima e dopo i tre pasti principali…

Al mio tentativo di spiegazioni, lui con il suo abituale sorriso, mi ricordò dell’incontro con le ragazze, avvenuto in sua assenza e rispose:

<<Hai voluto la divisa? E adesso… POMPA>>

E tutto finì con una risata generale e la promessa di farle conoscere la terza amica di Mary, la Vigilessa.


[1] Nome di fantasia, come pure tutti gli altri presenti nel racconto
[2] Lavaggio piatti e stoviglie in genere

Nessun commento:

Posta un commento