
<<A Cé... me devi d’aiutà… stavorta
me sò messo dentro a certi impicci...>>
E’ quanto dissi al mio caro amico CESARE PROIETTI[1]
da Roma, Sottotenente dell’Esercito, di stanza ad Avellino, nella Caserma “G. Berardi”, dimostrandogli,
fra l’altro, che stavo facendo progressi con il dialetto romanesco.
Era il lontano 1990 e prestavo Servizio
di Leva presso la caserma in questione. Avevo conosciuto tanta gente con la
quale avevo legato, in particolare un ragazzo di un paio d’anni più grande, che
aveva deciso di fare il militare come Ufficiale, fermandosi, quindi, un mese in
più rispetto a noi comuni “reclute”.
Eravamo subito entrati in sintonia,
poiché mi diceva che gli ricordavo un suo caro amico pugliese, conosciuto qualche
anno prima, in un villaggio turistico di Costa Merlata (BR), dal quale aveva
persino imparato un discreto dialetto.
Non era uno di quei noiosi ufficiali
tutti d’un pezzo cui dovevi innanzitutto metterti sugli attenti e dire:<<COMANDI>>, prima di poter
rivolgere loro la parola… tutt’altro… era un ragazzo socievole, laureato in
scienze politiche, figlio di un artigiano e aveva tre fratelli.
Oltre al sorriso sempre stampato sul viso.
Oltre al sorriso sempre stampato sul viso.
Avevamo creato con altri due “compari”, MICHELE AMBROSONE da Solofra (AV) e PRISCO (detto CARMINE) GUERRIERO da
Nocera Inferiore (SA), un quartetto molto affiatato, nonostante la
gerarchia militare, la differenza di cultura, ecc.
Uscivamo sempre insieme dalla caserma, ma
un pomeriggio, mentre loro erano in un bar, intenti a giocare una schedina del
Totocalcio, conobbi una ragazza di Avellino che faceva parte della Polizia
Municipale. Era una Vigile Scelta, spesso
in servizio presso la Villa Comunale.
Da quel giorno, cominciai a frequentarla, scegliendo di non uscire con i miei commilitoni, soprattutto quando mi accorgevo della sua presenza, nel parco.
Siccome MARY la Vigilessa era molto attratta dalle divise, per tentare di
far colpo su di lei, le dissi che ero un Tenente dell’Esercito, trasferito da
qualche giorno da Bari. Credeva a tutti gli episodi che le raccontavo,
circa il mio grado, nonostante uscissi sempre in borghese.
Un’altra conferma, la ebbe quando, per
strada, incrociai casualmente il Tenente Proietti, che mi salutò amichevolmente.
Risposi al suo saluto: <<Ciao Collega>>.
Cesare rimase un po’ stupito, ma
inconsapevolmente mi tenne il gioco, interpretando quel mio gesto come un
saluto fra colleghi… militari.
Un giorno, di lunedì, Mary mi chiese se
fossi stato disponibile, la domenica successiva ad accompagnarla a trovare
delle sue amiche. Tutto contento, le risposi di sì, considerando che di
domenica, la libera uscita cominciava dal mattino alle nove: avremmo avuto più
tempo per stare insieme.
Mi pose, però, una strana condizione: non
avrebbe respinto la mia corte, qualora mi fossi presentato in divisa. In quel
modo mi avrebbe presentato alle sue amiche, come il suo nuovo fidanzato…
Oddio… e ora come si fa?
Per qualche giorno i miei compagni
s’interrogarono sul motivo della mia reticenza a voler uscire dalla caserma. Un
pomeriggio, verso le 15, Michele e Carmine si presentarono nella mia camerata,
marciando come fossero alla Festa delle Forze Armate e comandati da Cesare il
Tenente…
(Io): <<CHE SUCCEDE?>>
(Tenente): <<FANTE ROMITO… TI ORDINO DI
SPIEGARCI LE RAGIONI DEL TUO MALESSERE>>
In breve, informai i miei tre amici e
loro (Michele e Carmine), senza perdersi d’animo, sentenziarono:
<<Le hai detto che sei un Tenente e
Tenente sarai… Cesare ti presterà la sua divisa>>, lasciando di
stucco il povero ufficiale che non si aspettava questa soluzione…
Cesare sulle prime provò a respingere
quella proposta, ma quasi subito decise che l’idea non era per niente
strampalata, appena seppe che Mary aveva tre amiche molto carine.
Egli infatti pensò che il
suo Sacrificio sarebbe servito per una GIUSTA CAUSA…
E poi avevamo la stessa corporatura…
La domenica mattina, quindi, uscii dalla
mia camerata con la divisa da Ufficiale e il basco calato sugli occhi.
Essendo una caserma piuttosto grande,
moltissimi militari presenti non mi conoscevano e si ponevano sugli attenti al
mio passaggio…
(Io): <<COMODI, COMODI>>
Il problema più grande era attraversare
il piazzale senza incrociare alcun ufficiale e arrivare al cancello di uscita,
sperando di trovare solo il militare di guardia e non l’Ufficiale di picchetto:
in tal caso sia il sottoscritto sia il buon Cesare, sarebbero finiti dritti
davanti al Tribunale Militare…
Furono attimi interminabili… il passo era
sempre più accelerato… improvvisamente:
<<SCUSI SIGNOR TENENTE…>>
Rimasi pietrificato, ma appena mi voltai,
con grande sollievo, notai che erano quei buontemponi di Michele e Carmine.
Avevo dimenticato di attaccare una mostrina alla divisa e loro me la stavano
gentilmente consegnando…

Fu una domenica speciale, trascorsa
assieme alle sue amiche (fra l’invidia dei miei commilitoni). Durante la
giornata, la ragazza cedette alla mia corte assidua e garbata (forse grazie anche alla divisa? Mah!)
Nel corso della passeggiata sul corso
principale, incrociammo diversi soldati e tutti mi fecero il classico saluto
militare.

Ebbene quel giorno a pranzo mangiai
ancora una volta quel maledetto primo piatto, mentendo spudoratamente alla
padrona di casa e facendole numerosi complimenti, dicendole che nemmeno mia
madre sapeva cucinare così bene e che noi in caserma, ci sognavamo di mangiare
un piatto di siffatta squisitezza.
Al termine congedai le donzelle, con la
promessa di un successivo incontro (stavolta anche con gli altri: altrimenti
ADDIO DIVISA).
L’appuntamento con i tre amici era
fissato alle 21.30 nel solito bar: lì, io e Cesare (uscito in borghese, con i miei abiti) ci saremmo scambiati i
vestiti.
La proprietaria del locale ci guardò
sbalordita, vedendoci entrare insieme in bagno e ci fissò ancora più incredula,
quando ci vide uscire con gli abiti cambiati… Per evitare equivoci e pettegolezzi,
le raccontammo tutta la storia, facendola sorridere bonariamente come farebbe
una mamma e meritandoci una tirata d’orecchi ma anche una birra offerta dalla
casa…
Ma non finisce qui…
Nei successivi incontri (in borghese), avevo rivisto Mary con due
amiche soltanto e, casualmente, con me c’erano Michele e Carmine… Cesare era
tornato a Roma per una breve licenza, ma poi aveva saputo di questo incontro a
sei e non l’aveva presa benissimo…
Qualche giorno dopo, Cesare aveva saputo
dal Colonnello che la nostra Compagnia sarebbe partita per circa sette giorni
di Addestramento militare: LE GRANDI
MANOVRE…
Fu una settimana per certi versi
bellissima e per altri un po’ meno, poiché non avrei potuto rivedere la mia
vigilessa…
Un pomeriggio ci fu comunicato da un
severo e antipatico Capitano che alcuni di noi avrebbero effettuato i TIRI NOTTURNI, ossia avrebbero sparato
di notte, in un poligono militare, con delle pallottole traccianti (luminose). Gli altri sarebbero stati dislocati a guardia del perimetro del comprensorio,
impedendo a chiunque (DI NOTTE?) di transitare in zona…
Cesare, ricordandosi di non aver preso
parte a quell’incontro con le ragazze, suggerì al Capitano che io, Michele e
Carmine dovessimo fare i PIANTONI…
Fummo caricati su un autocarro militare e fatti scendere in aperta campagna, a
una distanza di trecento metri circa, uno dall’altro.
Per fortuna eravamo armati di baionetta
(!) e radio ricetrasmittente: un freddo micidiale e il vento, con la sua furia,
amplificava qualsiasi rumore…
Ogni tanto ci tenevamo in contatto, ma
soprattutto lo facevamo per darci coraggio. Poi a un certo punto, sentii
parlare, per radio, Michele e Carmine e ridacchiare…
(Io): <<Ehi, che state facendo?>>
(Carmine):<<Vito, c’è un campo di finocchi…
ho chiamato Michele… adesso arriva, li raccogliamo e ti raggiungiamo… e ci
facciamo una bella mangiata… ahahahah>>
Non ebbi modo di replicare, poiché
voltando casualmente lo sguardo verso la mia sinistra, vidi passare un branco
di cani randagi: erano almeno una decina…
Paralizzato dalla paura, l’unica mossa
logica che mi venne in mente fu quella di buttarmi per terra, nascondendomi fra
i cespugli. In questo modo vidi passare quegli “ospiti” inattesi che,
sicuramente non avrei fermato, come da ordini ricevuti…
Per fortuna non si accorsero della mia
presenza ma vi assicuro che se, in quel momento, qualche medico mi avesse
misurato la pressione sanguigna, mi avrebbe certamente fatto ricoverare…
Informai del pericolo i miei due
“complici”, che mi raggiunsero dopo poco, con i loro elmetti pieni di finocchi:
passato lo spavento, ci sedemmo e, a quel punto, iniziammo la nostra
inaspettata cena, incuranti degli ordini e ironizzando sui nostri commilitoni
intenti a sparare, quando…
Una pattuglia di ronda ci sorprese e
informò il Capitano. L’indomani mattina, nel lasciare il campo e il comando
delle operazioni, ordinò a Cesare (il Tenente) di punirci severamente…
Noi ridevamo di nascosto, sapendo
dell’amicizia con l’Ufficiale, ma lui approfittò di quella circostanza e si
divertì: tre giorni di corvè cucina[2]
per tutti e tre: in più tre serie (da venti) di flessioni, prima e dopo i tre
pasti principali…
Al mio tentativo di spiegazioni, lui con
il suo abituale sorriso, mi ricordò dell’incontro con le ragazze, avvenuto in
sua assenza e rispose:
<<Hai voluto la divisa? E
adesso… POMPA>>
E tutto finì con una risata generale e la promessa di farle conoscere
la terza amica di Mary, la Vigilessa.
[1]
Nome di fantasia, come pure tutti gli altri presenti nel racconto
[2]
Lavaggio piatti e stoviglie in genere
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