BENVENUTI NEL MIO BLOG

N.B.: i miei racconti possono contenere parole in dialetto o in forma dialettale barese: NIENTE PAURA... alla pagina 777 ci sono i sottotitoli... (*◕‿◕*)
La storie che leggerete sono liberamente e parzialmente ispirate a fatti realmente accaduti.
I riferimenti a personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono essere frutto della mia fantasia e di esigenze e finalità artistico/narrative.

lunedì 16 gennaio 2012

COSA NON SI FA PER AMORE?

(Siamo un popolo di Raccomandati)

Torno per un attimo sulla questione legata alla storiella del Barbiere di Siviglia, per raccontarvi che l’origine della mia capigliatura riccioluta si deve senza dubbio a mia madre, ma soprattutto a mio nonno materno.

Questi era uno dei più rinomati Noleggiatori di auto per matrimoni (mestiere in voga almeno fino ai primi anni ‘80). Il suo nome era GIUSEPPE, ma per tutti gli abitanti della città vecchia di Bari era conosciuto come PEPPINE CAPILL’E RICCIE, per via della sua folta chioma nera (poi diventata brizzolata e poi bianca).

Mio nonno possedeva le più eleganti e potenti autovetture del momento e ogni giorno, diverse coppie di futuri sposi, con genitori al seguito, facevano la coda per accaparrarsi la macchina migliore che li accompagnasse dapprima in chiesa e poi fino alla sala ricevimenti.

Mercedes, Jaguar, Rolls-Royce, varie auto scoperte americane e via via anche auto secondarie che, però, avevano il compito di accompagnare i genitori degli sposi e i loro parenti, per quel giorno indimenticabile.

Spesso le sue auto erano utilizzate anche per accompagnare un importante uomo politico pugliese nei vari spostamenti legati alle campagne elettorali.

Accadeva, quindi, che d’estate soprattutto ma anche di domenica mattina, io fossi sempre lì in garage a fantasticare di guidare una di quelle fuoriserie e di essere anch’io uno di quegli autisti cui mio nonno si rivolgeva per formare il corteo nuziale.

E col passare degli anni, egli mi promuoveva da Lavatore di pneumatici a Lavatore di carrozzeria, poi Lavatore scelto fino a Segretario e, ancora, Addetto alle pubbliche relazioni

Siccome il garage si trovava a pochi passi dalla Questura Centrale, molti poliziotti e funzionari, lasciavano in custodia le loro auto, chiedendo di poterle trovare pulite: quindi insieme ai miei zii, ci davamo da fare per lavarle con i migliori prodotti.

La riconsegna delle chiavi era, naturalmente effettuata dal sottoscritto, poiché i suddetti poliziotti erano piuttosto generosi con le mance…

La stessa cosa riguardava anche il Comando della Polizia Urbana (all’epoca situato in Largo Chiurlia, nel centro storico e a due passi da Corso Vittorio Emanuele): quindi ero abbastanza conosciuto da Polizia e Vigili Urbani…

Tornando agli autisti: questi, generalmente pensionati ma non solo, erano amici di mio nonno, ben contenti di prestare la loro “opera[1], sapendo che, oltre alla “ricompensa” pattuita, avrebbero ricevuto laute mance dalla gente che accompagnavano al ristorante.

Uno degli autisti più fedeli a mio nonno era un certo VINCENZO, un apprezzato netturbino che arrotondava il suo stipendio con le mance appena descritte. Erano amici di vecchia data, che spesso litigavano per le loro avverse posizioni politiche, ma erano accomunati dalla stessa fede calcistica juventina.

Vincenzo era soprannominato NEGUS sia dalla sua famiglia (poiché gelosissimo delle sue figlie) e sia dagli altri autisti. Come si sa il NEGUS era un titolo nobiliare etiope che nella lingua amarica vuol dire RE DEI RE, ossia IMPERATORE.

Per noi baresi DOC che abbiamo l’abitudine di stravolgere i nomi, cambiando loro il posto degli accenti (per esempio: Upim si trasforma in Upìm, il Caffè Saicaf diventa il Caffè Saicàf che si trova in Corso Càvour e non in Corso Cavoùr, ecc.), Vincenzo detto Nègus, in realtà era Vincenzo detto Negùs.

Negùs aveva tre figlie molto belle che però non faceva mai uscire: con loro si comportava veramente come un dittatore. E loro, naturalmente, invece, lo beffavano sistematicamente.

Nei miei confronti, Vincenzo era particolarmente gentile e protettivo e pure ben disposto a farmi incontrare sua figlia maggiore che si chiamava MARIA detta Mariella. Anzi, più di una volta aveva confidato a mio padre, che vedeva di buon occhio la frequentazione di Mariella nella nostra comitiva, per via della mia presenza.

Una domenica mattina avevo appuntamento con Mariella: ero vestito di tutto punto e avevo tirato a lucido il mio ciclomotore Piaggio CIAO, regolarmente “preparato” da Ciccille u Gnore, celeberrimo meccanico della città vecchia, che raggiungeva la ragguardevole velocità di 85 Km/h (ma che consumava un pieno dal mattino fino a sera)…

Nella quasi certezza di fare colpo su di lei, qualche giorno prima le dissi che le avrei fatto guidare il mio “bolide” (che aveva un comodo sellone per due posti).
Il guaio era che sui ciclomotori non si poteva andare in due: ma io, in un certo senso, non mi fidavo della sua guida e non sapevo come dirglielo.

Quella domenica mattina era bellissima come il sole ma non era sola: infatti si era fatta accompagnare, da una sua amica, che però, di lì a poco se ne sarebbe andata. Soltanto che le aveva chiesto la cortesia di essere accompagnata in via F. Crispi[2].

Un po’ a malincuore acconsentii ad accompagnare l’amichetta, purché si fosse tolta rapidamente di mezzo, però dissi che in tre avrei guidato io.

Per fare in modo che la sua amica togliesse prima possibile il disturbo, senza pensarci, imboccai Corso Vittorio Emanuele, dimenticando che il Sindaco del tempo aveva emanato un’ordinanza che vietava il transito di cicli e motocicli, su una delle più eleganti strade della città…

Immediatamente incrociammo un posto di blocco della Polizia Urbana:

<<Madò e adesso?>> pensai senza parlare, immaginando la grossa multa che mi avrebbe inflitto e al sicuro sequestro del motore, peraltro pesantemente truccato, insieme agli immancabili rimproveri di mio padre.

<<Voi non parlate, state zitte e lasciate fare a me>> furono le uniche parole che riuscii a pronunciare, fingendo sicurezza e rivolgendomi alle due ragazze impaurite.

Dopo aver mostrato i documenti, mi rivolsi al vigile, allontanandolo dal motore e facendo in modo che le due ragazze non potessero ascoltare quello che gli avrei detto. Il vigile, incredulo, mi seguì ed io, voltandomi verso le ragazze, feci loro un cenno rassicurante del tipo <<ADESSO CI PENSO IO>>…

(IO): <<Marescià…, per favore… non mi fate niente… io le stavo solo accompagnando alla mia fidanzata e alla sua amica… e poi lo sapete a chi appartengo?>>

Il vigile, che non era Maresciallo, si rivolse sorridendo al vero Sottufficiale e disse:

<<Marescià…, avete capito chi abbiamo fermato stamattina? UNA COPPIA VIP>>

Una coppia vip? Non riuscivo a capire le parole e le risate del vigile, ma mi sembrava che la cosa stesse prendendo un buon esito.

 <<Questi signori sono rispettivamente il nipote di Peppine Capill’e riccie e la figlia di Negùs>>

Non potevo saperlo, ma il vigile conosceva mio nonno per essere stato accompagnato, qualche settimana prima, da una delle auto nuziali super lusso, nel giorno del suo matrimonio e, contemporaneamente, Negùs era stato l'autista della Rolls-Royce noleggiata. Da quel momento erano diventati molto amici…

Per questa ragione, fece in modo di non elevarmi alcuna contravvenzione, ma naturalmente mi disse che sul ciclomotore potevo andarci solo io e non certamente sul corso…

Meno male… Grazie alle nostre rispettive raccomandazioni, quel grosso spavento fu subito dimenticato con uno splendido gelato, gustato rigorosamente A PIEDI e sotto lo sguardo benevolo della pattuglia della Polizia Urbana.

[1] Il loro compito consisteva nell’accompagnare i parenti degli sposi in chiesa e poi fino al ristorante.
[2] Figurarsi: eravamo sul lungomare e, per raggiungere via Crispi, bastava percorrere al massimo 500 metri a piedi. Una bella passeggiatina a piedi, no?

4 commenti: