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N.B.: i miei racconti possono contenere parole in dialetto o in forma dialettale barese: NIENTE PAURA... alla pagina 777 ci sono i sottotitoli... (*◕‿◕*)
La storie che leggerete sono liberamente e parzialmente ispirate a fatti realmente accaduti.
I riferimenti a personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono essere frutto della mia fantasia e di esigenze e finalità artistico/narrative.

mercoledì 21 marzo 2012

IL REGISTRO DEGLI EMIGRANTI

(1° parte del racconto MATRIMONI E SOPRANNOMI)


Dicono che il giorno del matrimonio sia uno dei più belli della propria vita...
Lo so che ora se mi sentisse il mio amico Franco, convinto scapolone, aprirebbe un ennesimo dibattito...  

In effetti, concordo sul fatto che sia uno dei più belli... uno di quelli da vivere in completo relax, dopo una serie di tensioni legate alla scelta della chiesa, dell'abito, della sala, delle bomboniere...
(mia madre):<<RICORDATI DI INVITARE LO ZIO NICOLA E LA COMMARA[1]...>>... e così via...

Veramente la chiesa non l'abbiamo scelta... è stata, in un certo senso, "imposta" dal fatto che mia moglie risiede nella ridente località di Adelfia, a una quindicina di km dalla città...
A proposito di Adelfia...
Ricordo ancora, con un groppo in gola, quando io, orgoglioso di essere barivecchiano di 7° generazione[2], fui costretto ad andare a richiedere la residenza al Comune di Adelfia...
Quel freddo e brutto pomeriggio ero andato da solo, vestito di tutto punto...
Mi fecero entrare in una stanza e aspettare circa venti minuti, poi arrivarono gli impiegati dell'Ufficio...

Mi squadrarono dalla testa ai piedi (secondo me, ci mancò pochissimo che mi dicessero:<<MEH[3], SPOGLIATI CHE TI DOBBIAMO FARE UNA PERQUISIZIONE CORPORALE>>)...
Dopo un lungo incrocio di sguardi (fra l'invidioso e l'incazzato) con il Responsabile dell'Ufficio (oddio... veramente questi aveva gli occhi storti... pertanto io non sapevo quale occhio guardare), egli decise di rompere il silenzio con una domanda che mi lasciò spiazzato:<<CHE TI PRENDI?>>
Io, per non far vedere[4], pensai che fosse usanza del Comune di Adelfia, accogliere calorosamente gli ospiti, risposi con un sorriso:<<UN CAFFE', GRAZIE>>
Quello cominciò ad arrabbiarsi come un matto, dicendomi che lì non avevano tempo da perdere, che loro lavoravano e non come il resto degli uffici ...
A un certo punto, deciso, lo fermai ribattendo che aveva iniziato lui, chiedendomi cosa prendevo, presumibilmente al bar...
Allora tutti nell'ufficio risero fragorosamente e questa volta ero io a guardarli come extraterrestri...
Il tizio mi spiegò che intendeva sapere se la ragazza con la quale avevo deciso di convolare a giuste nozze, fosse di sua conoscenza...
Allora io gli dissi: <<MAESTRO, ALLORA DOVEVI DIRE... CHI E' CHE TI PRENDI... e scusa...!>>, adeguandomi immediatamente al suo linguaggio incomprensibile.
Dopo aver detto il nome della mia fidanzata, il suo indirizzo, com'era fisicamente e, quasi quasi, anche il reddito annuale della sua famiglia, tutti mi chiesero il SOPRANNOME della famiglia...
Candidamente ammisi di non conoscere questo importante "tassello", che mi avrebbe aperto le porte degli uffici comunali e, quello, allora, scocciato, mi porse un registro e una penna:<<Né... metti una firma abbasso alla pagina>>...
Era il REGISTRO DEGLI EMIGRANTI DEL COMUNE DI ADELFIA...
A quel punto mi sembrava di essere uno di quegli italiani che erano emigrati all'inizio del secolo scorso, in cerca di fortuna…
Immediatamente chiusi gli occhi...
in quel momento il film della mia vita iniziò a scorrere dinanzi a me...
1)  Mia madre che mi veniva a prendere dalla scuola e mi chiamava:<<VITOOOOO>>;
2) La signora BENOCCHIA del terzo piano[5] che mi chiamava x i gelati al limone (con BELFAGOR che si fregava le mani);
3) Le mie numerose spasimanti, tutte rigorosamente vestite a lutto, che mi chiamavano, implorandomi di ripensarci...
Tutti che mi chiamavano...

<<EEEHHHH GIOVANE... che qui dobbiamo andare avanti col lavoro... meh>>... l'impiegato mi richiamò all'ordine...

Allora feci un lungo respiro, poi chiesi loro, come fosse l'ultimo desiderio di un condannato a morte, di poter uscire un attimo dalla stanza... quelli mi guardarono sbigottiti e annuirono con la testa
Notai che mi seguirono e, secondo me, pensarono che me ne sarei scappato...



Semplicemente, continuando a tenere gli occhi chiusi e con il viso rigato di lacrime e portandomi la mano destra sul petto, intonai l'inno della mia città:

<<Cusse addò stàme jè u megghjie paìse...
non cresce l'erve addò stònne le barìse...
sime le megghjie du condinende...
e nge facìme sta tarantèlle...>>

TRADUZIONE (logica e non letterale)

<<Questo dove siamo, è il miglior paese…
Non cresce erba, dove stanno i baresi…
Siamo i migliori del continente
E ci facciamo (balliamo) questa tarantella…>> 

FINE PRIMA PARTE
[1] Comare (intesa come madrina della Prima Comunione)
[2] Fino al midollo
[3] Tipica esclamazione barese che vuol dire all’incirca <<orsù>>
[4] Per essere educato e di buona creanza
[5] Personaggio già presente in altre storielle, assieme all’onnipresente figlia BELFAGOR

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